(foto LaPresse)

Lo spettacolo indecoroso sulle chiese chiuse

Redazione

Conferme, smentite, ramanzine. Un cortocircuito di cui non si sentiva il bisogno

Non è stato uno spettacolo edificante quello che s’è visto a Roma, tra il Vaticano, l’Esquilino e il Vicariato. Giovedì sera il cardinale Angelo De Donatis, vicario per la Capitale, firmava un decreto che disponeva la chiusura di tutte le chiese cittadine fino al 3 aprile. Una misura che aveva fatto sobbalzare più d’uno sulla sedia, considerando che neppure nell’epicentro della crisi sanitaria è stata adottata una tale misura. Ieri mattina, alle 7, iniziando la messa a Santa Marta, il Papa – visibilmente e comprensibilmente contrariato – ha chiesto di pregare affinché i pastori sappiano discernere bene le cose da fare, visto che “le misure drastiche non sono sempre buone”. Un’ora dopo, il cardinale elemosiniere, Konrad Krajewski, andava all’Esquilino ad aprire il portone della chiesa di cui è titolare, confessando poi al portale americano Crux che si era trattato di un atto di disobbedienza rispetto al decreto del vicariato. Sconfessato da tutti, mons. De Donatis rettificava la decisione della sera prima e riapriva le chiese, lasciando l’ultima parola ai singoli parroci. Con una postilla, però, messa nella lettera inviata ai sacerdoti. Il cardinale vicario scrive infatti che “con una decisione senza precedenti, consultato il nostro vescovo Papa Francesco, abbiamo pubblicato ieri, 12 marzo, il decreto che fissa la chiusura per tre settimane delle nostre chiese”. Insomma, fa capire De Donatis, il Papa sapeva tutto, prima di sbarrare le chiese l’abbiamo chiesto a lui. Un errore di comunicazione che conferma la difficoltà del Vaticano di adottare una linea univoca nel contrasto all’epidemia: si pensi solo che la basilica vaticana è stata chiusa ma i dicasteri restano aperti. Al di là di ciò, se era del tutto comprensibile la decisione di non far partecipare il popolo alle messe (non è una grande idea quella di favorire assembramenti domenicali), ben altra cosa sarebbe stata la scelta di chiudere gli edifici di culto. Una mossa azzardata che teneva poco o nulla in considerazione le vitali necessità di chi cerca un conforto spirituale e che strideva parecchio con gli appelli del Papa a essere chiesa in uscita.