La Cei batte un colpo sulle messe
Allo studio un “percorso” per far tornare i fedeli in chiesa. Cum juicio
La Conferenza episcopale italiana batte un colpo e fa sapere che “in vista della nuova fase che si aprirà dopo il 3 maggio, si è al lavoro a contatto con le istituzioni governative, per definire un percorso meno condizionato all’accesso e alle celebrazioni liturgiche per i fedeli”. Il tutto, ovviamente, in sinergia con il governo cui spetterà l’ultima parola. Don Ivan Maffeis, che della Cei è sottosegretario, dice all’Ansa che “con tutta l’attenzione richiesta dall’emergenza dobbiamo tornare ad abitare la chiesa, il paese ne ha un profondo bisogno, c’è una domanda enorme e rispondere significa dare un contributo alla coesione sociale”.
Meglio tardi che mai. Si è discusso della riapertura di tutto, in Italia, negli ultimi giorni; si è sentito che il libro è un bene necessario, un aiuto spirituale che serve all’anima: il che può essere vero ed è in ogni caso lecito da pensare. E però, mentre si parlava di anima e spirito ha fatto ancora più rumore il vuoto, il silenzio tombale di una gerarchia episcopale che in un mese e mezzo di quarantena forzata non ha saputo fare altro che trincerarsi dietro ai decreti governativi che imponevano – con ragioni evidenti, data la situazione – la proibizione delle messe con i fedeli. Un silenzio che indica anche la qualità di una compagine ecclesiale che non brilla per spirito d’iniziativa. Lo si constata da tempo e la situazione non pare cambiare. Oggi, però, siccome tutti parlano di riaprire qualcosa, dai negozi per bambini all’industria della moda – le profumerie e le erboristerie sono già aperte – finalmente i vescovi battono un colpo, accorgendosi che gli italiani hanno bisogno di andare a messa e che le pur decorose celebrazioni in streaming non possono bastare all’infinito. Discutere di come ripartire anche su questo fronte è cosa buona e giusta, anche se troppo tempo si è sprecato senza interrogarsi su quel che potrà accadere in un futuro che appare ormai prossimo.