Il Papa in tv va all'assalto della mondanità spirituale
Lunga intervista a "Che tempo che fa". Dalle confidenze sui sogni dell'infanzia ai mal che affliggono la Chiesa
Migrazioni, guerre, crisi climatica e spiritualità. Nella prima apparizione di un Papa in un programma italiano di prima serata, Francesco torna sui temi forti del suo pontificato
Presentato come un evento storico, il colloquio tra Fabio Fazio e il Papa a “Che tempo che fa” non ha tradito le attese. Intervista lunghissima, con Francesco collegato dalla suite di Santa Marta, il residence dove ha scelto di abitare dal 2013 perché ha bisogno “di gente intorno” – “i Papi prima di me erano santi, io non sono tanto santo, non ce l'avrei fatta. Qui parlo con qualcuno, mi faccio degli amici... mi piace vivere con altre persone, è più facile”. I temi toccati erano scontati: le migrazioni, la guerra, l’emergenza climatica. Con qualche divagazione simpatica – “come fa un porteño a non amare il tango”, “non guardo dal televisione dal 1990, salvo in rare circostanze” – e rivelazioni dei sogni d’infanzia – “volevo fare il macellaio”. Quanto all’uscita di qualche settimana fa in un negozio di dischi a Roma, il Pontefice ha confermato che si è recato da amici “non per comprare, ma per benedire il negozio ristrutturato”.
Rispetto ai temi forti, Francesco ha ribadito che uno dei mali dell’umanità oggi è la cultura dell’indifferenza: “C’è un problema di categorizzazione, di primo e secondo posto e le guerre in questo momento sono al primo posto. Bambini, migranti, poveri, coloro che non hanno da mangiare non contano, sono nelle categorie basse, non sono al primo posto. Quello che conta è la guerra – che è, dirà poco dopo, “un controsenso del mito della creazione”, ndr –. Con un anno senza fare armi si può dare da mangiare e fare educazione per tutto il mondo in modo gratuito, ma questo è in secondo piano. Si pensa alle guerre. Guerra ideologica, commerciale, di potere, per andare avanti e tante fabbriche di armi”. Di fronte al Male – “con cui non si dialoga, mai” – bisogna “toccare” e non passare oltre. Il Papa lo spiega citando la parabola del buon samaritano: “Due persone, magari anche brave, vedono un uomo ferito a terra, e passano oltre. Il samaritano si ferma, tocca, sente la sofferenza, e agisce. Di fronte alle sofferenze noi spesso vediamo e passiamo oltre, dimentichiamo. Vedere non basta, bisogna sentire, toccare. Quando c'è qualcuno che arriva a confessarsi, spesso chiedo: quando dai l'elemosina, tocchi la mano della persona a cui la dai? Lo guardi negli occhi? Medici e infermieri, in questi anni di pandemia, hanno toccato il male, e hanno scelto di restare”.
Ovvia la domanda, ispirata dall’enciclica Laudato Sì, sui problemi climatici: “Pensiamo di essere onnipotenti di fronte alla Terra. Dobbiamo riprendere il rapporto con la Terra dei popoli aborigeni, il buon vivere, che non è la buona vita. Dobbiamo farci carico della Madre Terra”. Francesco è poi tornato su un suo celebre cavallo di battaglia, il chiacchiericcio che “distrugge l’identità”. Dal chiacchiericcio, ha detto il Papa, derivano “aggressività, guerre e divisioni” e “l’aggressività distruttiva è un problema sociale”. Quindi, l’invito: “se hai una cosa contro l'altro o te la mangi te o vai da lui e gliela dici in faccia, ci vuole coraggio”. Quindi, ha parlato del “diritto di essere perdonati se chiediamo il perdono” perché “la capacità di essere perdonato è un diritto umano”.
Quanto alla sofferenza dei bambini, anche rispetto al dramma dei migranti morti sulle spiagge, Bergoglio ha detto: “Quando vedo soffrire i bambini mi chiedo perché?. Non c’è risposta. Io credo e cerco di amare Dio che è mio padre, ma non ho risposta. L’unica strada è soffrire con loro”.
Verso le battute finali, Fazio ha domandato al Papa come immagini la Chiesa del futuro. La risposta è stata un rimando all’Evangelii nuntiandi di Paolo VI: “Poi c’è stata la mia Evangelii gaudium, ma non è molto nuova rispetto all’Evangelii nuntiandi. Immagino la Chiesa del futuro come una Chiesa in pellegrinaggio e il male più grande è la mondanità spirituale. E’ la cosa peggiore che possa succedere alla Chiesa”, ha aggiunto citando De Lubac. “Il clericalismo genera rigidità e sotto ogni rigidità c’è putredine. La mondanità spirituale genera il clericalismo da cui derivano posizioni rigide e ideologiche, dove l’ideologia prende il posto del Vangelo. Il clericalismo è una perversione della Chiesa”.
Per quanto riguarda gli atteggiamenti pastorali, “ne dico solo due: il pelagianesimo e lo gnosticismo. Il pelagianesimo è credere che con la mia forza posso andare avanti. No, la Chiesa va avanti con la forza di Dio, la misericordia di Dio e la forza dello Spirito Santo. E lo gnosticismo, quello mistico, senza Dio, questa spiritualità vuota… no, senza la carne di Cristo non c’è intesa possibile, senza la carne di Cristo non c’è redenzione possibile. Dobbiamo tornare al centro un’altra volta: Il verbo si è fatto carne. In questo scandalo della croce, del verbo incarnato, c’è il futuro della Chiesa”.