editoriali
Il doppio standard del Dalai Lama
“Succhiami la lingua” a un bambino. Ma per tutti bastano le scuse
La carne è debole, anche per coloro che per strana teoria dovrebbero avere lo spirito forte, anzi in grado di reincarnarsi. Non si farà dunque del moralismo, sempre un po’ ipocrita (“chi è senza peccato”), a proposito dell’ultima umana, malamente umana, avventura di Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama. Va comunque detto che quel gesto, giunto a milioni di persone attraverso un video, è ingiustificabile e condannabile. Il video girato durante un incontro pubblico a Dharamsala mostra un ragazzino che si avvicina al vetusto Dalai Lama, chiede un abbraccio benedicente e riceve invece la richiesta di un bacio. Poi il vecchio lo scruta, e gli dice le parole dello scandalo: “Succhiami la lingua”.
Il tema non è l’appiccicoso scandalo carnale, è la blanda reazione dei media internazionali, che hanno sottolineato, con fare tendente al giustificatorio, le scuse successivamente offerte dal Dalai Lama: “Sua Santità desidera scusarsi con il bambino e la sua famiglia, oltre che con i suoi numerosi amici in tutto il mondo, per il dolore che le sue parole possono aver causato”. Tutto qui? Una cronaca di Repubblica ieri concludeva così: “E’ complesso e delicato capire come sia possibile un episodio del genere. E’ uno choc per milioni di persone che seguono la fede del buddismo tibetano”.
Per accuse poi decadute il cardinale cattolico George Pell finì in carcere, e l’opinione pubblica mondiale fu in generale più colpevolista di quanto non appaia in questo caso. E sarebbe da ricordare che, nel 2018, il Dalai Lama aveva ammesso (anche lì, dietro pressioni dei suoi fedeli), di esser stato per molti anni al corrente di abusi sessuali nei monasteri, ma di aver sempre taciuto. Per fatti molto meno sicuri, ora in Polonia vogliono mettere sotto accusa Karol Wojtyla per alcune decisioni che risalgono a quando era a Cracovia. Tenzin Gyatso, cinque anni fa, se la cavò con un applauso alla sua “trasparenza”. Il doppio standard è il vero scandalo.
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