Editoriali
“È Mosca che deve fermarsi” dice Parolin. Ma Bianchi attacca la Nato
Dopo l'intervista del Papa alla tv svizzera, il cardinale segretario di stato riporta il treno sui giusti binari. L’ex di Bose però se la prende con l'alleanza atlantica e lascia intendere che è Zelensky a dover dire basta
Ci ha pensato il cardinale segretario di stato, Pietro Parolin, a riportare sui binari giusti il treno deragliato dopo l’intervista papale concessa alla televisione svizzera. Mentre per tre giorni si è discusso delle sfumature e del “vero” significato delle parole di Francesco, al Corriere della Sera Parolin è stato netto: “La prima condizione mi pare sia proprio quella di mettere fine all’aggressione. A cessare il fuoco dovrebbero essere innanzitutto gli aggressori”. Cioè i russi. Fa specie che a due anni dallo scoppio della guerra sia necessaria una tale precisazione, ma questa è la situazione, con Kyiv che protesta con il nunzio apostolico, i vescovi tedeschi che parlano di “uscita infelice” da parte di Francesco e l’unico governo a plaudire Bergoglio è quello moscovita.
La vicenda non è comunque chiusa, perché a confermare che il Papa sulla crisi russo-ucraina ha idee non proprio convenzionali è stato Enzo Bianchi, il fondatore di Bose poi sfrattato che si è riorganizzato a pochi chilometri di distanza. Sulla Stampa, il monaco laico ha detto infatti di aver parlato pochi giorni fa con il Papa, il quale certamente non è pro Putin. Infatti, ha aggiunto, “c’è l’aggressore, la Russia, e c’è il paese aggredito, l’Ucraina. Anche se” – ed è questo il punto – “ in questi anni attorno al paese aggredito c’erano potenze che non smettevano di agire lanciando segnali geopolitici dalla portata minacciosa e preoccupante per l’aggressore”. Par di sentire il latrato dei cani alle porte della Russia e infatti il riferimento è “soprattutto alla presenza della Nato. Non si può trascurare che le popolazioni russe in quei territori ora occupati erano vessate e perseguitate. Ho molto timore che Zelensky voglia a ogni costo andare avanti nel conflitto”. In ogni caso, è vitale, sostiene ancora, tenere presente che “i leader di un paese come la Russia, che è un impero mondiale, per ora non accetterebbero di essere umiliati da un’altra nazione”. La paura principale di Bianchi è che “Zelensky voglia a ogni costo andare avanti nel conflitto”. Insomma, è l’aggredito che deve dire basta. O, se si vuole, alzare bandiera bianca.
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