editoriali
Quel che il Papa non dice sulla pace
Meglio il negoziato che la guerra. Ma il messaggio andrebbe spedito a Mosca
Per la prima volta nella storia, un Papa parteciperà al G7. L’onore è toccato alla presidenza italiana, che ospiterà i leader mondiali a Borgo Egnazia il prossimo giugno: ieri la premier Giorgia Meloni ha annunciato che Francesco prenderà parte ai lavori nella sessione dedicata all’intelligenza artificiale. La sessione sarà aperta anche ai paesi invitati e non solo ai membri “di diritto”. “Sono convinta che la presenza di sua Santità darà un contributo decisivo alla definizione di un quadro regolatorio, etico e culturale all’intelligenza artificiale”, ha detto la premier. Papa Francesco ha dedicato al tema dell’intelligenza artificiale il Messaggio per la pace diffuso lo scorso gennaio, tema insolito per un documento del genere, ma che fa capire quanto la questione sia decisiva e stia a cuore al capo della Chiesa. Il Papa avrà l’occasione, forse, di avere scambi di vedute con i leader mondiali sugli sviluppi del conflitto russo-ucraino. In un’intervista concessa stavolta alla Cbs, Bergoglio ha ribadito che “una pace negoziata è meglio di una guerra senza fine. Per favore, i paesi in guerra, tutti quanti, fermino la guerra. Cercate di negoziare. Cercate la pace”. Messaggio chiaro e condivisibile, se non fosse che per favorire una pace negoziata è indispensabile che ci sia qualcuno che è disposto a sedersi attorno a un tavolo. Il primo passo non può farlo la vittima dell’aggressione, perché significherebbe rendere manifesta la propria debolezza e quindi la disponibilità a concedere all’aggressore molto, anche fette del proprio territorio. L’appello andrebbe indirizzato al Cremlino, chiedendo che la mano di chi ha causato la tragedia nell’est europeo si fermi. I generici appelli rischiano di risultare, se troppo ripetuti, puro pro forma e routine. Senza alcuna possibilità d’incidere.