L'inganno del pol. corr. alimentare
Lezioni dalla disgrazia di Lactalis e dall’ascesa di Ferrero sull’ossessione salutista
Mesi prima di dovere ritirare dal commercio mondiale 7 mila tonnellate di latte in polvere per bambini contaminato dal batterio della salmonella, e l’emergere di una trentina di casi di contagio, Lactalis aveva investito un milione di euro in una campagna digitale à la slow food mirata alle donne. Lo slogan diceva “rallenta e goditi la buona vita alla francese”, affiancato all’immagine di una giovane che avanza in un campo di lavanda e porta in un cesto di vimini i prodotti della linea Président, famosa per il camembert, formaggio associato alla fama della famiglia Besnier. Finire sotto schiaffo di governo, consumatori e media non è onorevole per una compagnia che si definisce “leader mondiale del settore lattiero-caseario”. E a posteriori il marketing del “buono” e “sano” pare sfortunata. Ma la dice lunga sul paradosso della cultura del salutismo.
L’italiana Ferrero ha acquisto le barrette di cioccolato Nestlè per 2,3 miliardi di euro diventando la terza azienda dolciaria degli Stati Uniti. Come fa dal 1946 è rimasta nel settore degli snack dolci, senza deviazioni di percorso, e ora gioca tra i pesi massimi. Non vuole dare la patente di “salutare” a dolci e merendine, diversamente da certi concorrenti. Ma assicurare la migliore qualità degli ingredienti, dalle nocciole, allo zucchero, fino al bistrattato olio di palma. Ferrero ne difese l’uso mentre altre aziende si affannavano a pubblicizzare che i loro prodotti erano “senza” per compiacere i consumatori ossessionati dalla bufala che l’olio del frutto di palma fosse dannoso per uomo e ambiente. Questa settimana l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha cambiato la sua posizione critica e ha confermato che è “privo di rischi per la maggior parte dei consumatori”. Una vittoria della sostanza sull’apparenza.
Antisemitismo e fornelli