Guerra di liberazione parmigiana
Dalla Lega a Rep., nasce il Cln dei formaggi che si oppone all’invasore francese
Il sovranismo agroalimentare supera le divisioni ideologiche: quando la patria è in pericolo e lo straniero avanza, anche chi nel frattempo si sta facendo guerra in nome del fascismo si ritrova a combattere la stessa battaglia. Nasce così – non sotto il tricolore, ma sotto la bandiera della Coldiretti – il Cln dei formaggi che si oppone all’invasore francese. E va dal ministro leghista Gian Marco Centinaio (“Il governo farà di tutto per tutelare l’agroalimentare italiano dall’assalto delle multinazionali straniere. Il Parmigiano reggiano va difeso senza se e senza ma”) fino a Repubblica di Carlo Verdelli, che titola: “Il Parmigiano reggiano è in forma e la Francia se lo vuole divorare”. E poi, con toni che ricordano il Popolo d’Italia, spiega: “Giù le mani dal Parmigiano reggiano! La Francia va all’assalto del re della tavola tricolore – scrive Rep. – Il blitz transalpino è arrivato a tradimento”. Ma davvero Macron vuole rubare con un Blitzkrieg il Parmigiano, magari per metterlo al Louvre vicino alla Gioconda? Non esattamente. La questione è molto più semplice e nient’affatto allarmante, anzi. Il colosso francese Lactalis è interessato a entrare nel capitale della Nuova Castelli, storica azienda casearia leader nell’esportazione del Parmigiano reggiano. L’Italia quindi rischia di perdere proprietà e produzione? Nient’affatto. La Nuova Castelli è già di proprietà estera, più precisamente del fondo Charterhouse Capital, che ora è alla ricerca di un partner industriale. E se Lactalis delocalizzasse il Parmigiano a Lione, magari approfittando della Tav? Impossibile. Il Parmigiano è una Dop, pertanto la sua produzione è regolata da un disciplinare che vincola indissolubilmente il formaggio al territorio e alla materia prima italiana (soprattutto locale). Per l’Italia ci possono essere solo vantaggi, visto che Lactalis è un partner industriale (non solo finanziario, come il fondo inglese) che ha capitali da investire e una capacità di penetrare nei mercati esteri di cui può beneficiare l’intero settore. Infatti a protestare non è il consorzio, ma la Coldiretti che ha già danneggiato abbastanza il Parmigiano e tutte le altre Dop e Ig del made in Italy opponendosi al Ceta e ai trattati commerciali che consentono un export maggiore.