Contro il protezionismo cinematografico
Il decreto che penalizza lo streaming in favore del cinema è un errore
Ieri il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, ha annunciato trionfante la firma del decreto attuativo della legge sul cinema del 2016, che impone ai nuovi film di uscire prima esclusivamente al cinema e poi sulle altre piattaforme. Bonisoli ha definito l’iniziativa come un modo per preservare il ruolo culturale delle sale cinematografiche, ma questo tipo di interventi segue purtroppo un pattern ben noto: quando un legislatore o un governo tentano di fermare l’innovazione per legge o per decreto, a patire sono anzitutto i cittadini. Parliamo di innovazione perché, ovviamente, l’obiettivo del decreto sono le piattaforme di streaming come Netflix, i “piccoli schermi” che vengono considerati secondari e meno importanti rispetto al “grande schermo” – e poco importa se Netflix negli ultimi anni ha investito milioni nella produzione di lungometraggi vincitori di premi illustri.
La nuova legge, che vale soltanto per i film italiani, impone che le piattaforme debbano aspettare fino a 105 giorni (ma ci sono diverse variabili) prima di poter rendere disponibile al loro pubblico un film che ha debuttato al cinema. E’ una prassi che aveva senso ancora dieci anni fa, ma che oggi è retrograda e dannosa: non salva davvero i cinema, perché nessuno può convincere gli spettatori perduti a comprare i biglietti per decreto, e al contrario penalizza alcuni degli operatori culturali più vivaci degli ultimi anni, che si vedranno disincentivati a investire nei film italiani.
Quest’anno, quando il Festival di Cannes ha deciso di boicottare i film prodotti da Netflix, fu il Festival di Venezia ad approfittarne, accogliendo i titoli della piattaforma e dando il Leone d’Oro al migliore tra essi, “Roma” del regista Alfonso Cuarón. Questa volta, pare che il governo abbia deciso di fare l’esatto contrario: anziché cogliere l’opportunità di governare l’innovazione – che va governata, questo sì – ha deciso di rifiutarla, con danno per i cittadini.
Politicamente corretto e panettone