Due o tre cose che avranno da dirsi Monti e Merkel

Redazione

Sul Patto fiscale s'intravvede un asse (dialettico) Merkel-Monti. Lunedì il premier italiano a Bruxelles per limare l'intesa. Il report riservato di Berlino e le sanzioni antideficit in Costituzione

di Giovanni Boggero e Marco Valerio Lo Prete

     

    Il premier italiano Mario Monti sosterrà già domani e dopodomani l'esigenza di raddoppiare la potenza di fuoco del Fondo salva stati. Lo ha scritto ieri lo Spiegel. Una richiesta, secondo il settimanale tedesco, che Monti ha già avanzato alla Merkel, sulla quale appunto ci sarebbe sintonia tra Roma e Banca centrale europea, ma molto meno sintonia con la stessa Berlino. E a dire il vero, questo non sarà l'unico dossier che potrebbe rendere dialettico l'asse Monti-Merkle nelle prossime ore, come abbiamo scritto sabato sul Foglio

    Gli sherpa dei governi europei, come anche i rappresentanti delle istituzioni comunitarie, da questo fine settimana hanno terminato la loro missione: da lunedì infatti il dibattito sul Fiscal compact, il nuovo Patto intergovernativo sulla politica fiscale dell'Ue, sarà innanzitutto materia di discussione tra ministri dell'Economia e capi di governo. La firma dei 26 stati (non c'è il Regno Unito) è prevista per marzo, ma il testo definitivo – presentato lo scorso 9 dicembre come risposta continentale ai dubbi degli investitori – sarà stabilito già al Consiglio Ue del 30 gennaio, e per questo diventano decisive le riunioni di Eurogruppo ed Ecofin di lunedì e martedì prossimi. Tetto al deficit, diminuzione del debito pubblico, controlli sovranazionali e relative sanzioni per chi non rispetta le regole: è soprattutto su questi punti che, nelle passate settimane, si sono confrontati gli sherpa. A che punto siamo, dunque? Il governo italiano finora si era battuto per una piena integrazione tra nuovo accordo e regole comunitarie già in vigore. Questo vuol dire per esempio, per un paese come l'Italia, che il debito pubblico in eccesso rispetto al 60 per cento del pil non dovrà scendere di un ventesimo l'anno – come da bozza originaria – ma che la velocità di diminuzione dovrà tenere anche conto di fattori come la sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche, il risparmio privato, etc. Sono così sventate, nell'immediato, manovre troppo drastiche di correzione dei conti pubblici. Senza però rendere meno rigoroso l'accordo, ribadiscono gli esponenti dell'esecutivo italiano. Più vaghi invece i riferimenti del Fiscal compact alla crescita e alla maggiore integrazione dei mercati, ovvero a un altro dossier che il premier Monti ha sempre detto di tenere in alta considerazione.

    Ma l'asse diplomatico tra Monti e la cancelliera Angela Merkel è destinato, nelle prossime ore, a restare quantomeno dialettico. Infatti nella quarta e ultima bozza dell'accordo, che il Foglio ha letto, non mancano elementi che faranno discutere. A partire dal ruolo rafforzato della Corte europea di giustizia. In base all'articolo 8, la giurisdizione europea si vede attribuita il potere di sanzionare gli stati che non implementeranno le norme sul pareggio di bilancio, con multe pari fino allo 0,1 per cento del pil. Non solo: nell'ultima versione dell'articolo 3 del Patto si amplia in maniera decisiva lo spettro delle materie sulle quali la Corte di giustizia con sede a Lussemburgo potrà essere chiamata a giudicare. Non c'è più il semplice pareggio di bilancio, da garantire “preferibilmente” con legge costituzionale: le costituzioni nazionali, infatti, in base all'articolo 3 ora dovranno prevedere anche un “meccanismo correttivo” dei conti che “scatterà automaticamente” non appena il deficit eccederà lo 0,5 per cento del pil.

    Né la Germania pare disposta a cedere su questi punti: in una lettera datata 17 gennaio e indirizzata ai componenti della commissione Bilancio del Bundestag, che il Foglio ha potuto leggere, il sottosegretario alle Finanze Steffen Kampeter (Cdu) fa il punto sui negoziati per il nuovo trattato. In particolare il braccio destro del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, sottolinea come Berlino tenga molto al raggiungimento di tre obiettivi: il coinvolgimento della Corte di giustizia Ue nella procedura per eccessivo indebitamento, l'accettazione dell'Esm (il nuovo Fondo salva stati che entrerà in funzionamento da metà anno) come contropartita per l'implementazione di misure di austerity del trattato, e la riconduzione giuridica del nuovo trattato tra le fonti di diritto primario Ue. “Si tratta di cercare un avvicinamento tra le posizioni ancora divergenti su questi punti”, recita il documento. Sulla questione dell'entrata in vigore del trattato, alcuni propongono che esso entri in vigore dopo la ratifica di almeno 12 stati, ma la Germania vuole fissare l'asticella più in alto. Per ottenere un documento più vincolante e per quanti più paesi possibile.

    di Giovanni Boggero e Marco Valerio Lo Prete