Perché Monti non deve cedere e fare asse con Hollande
La crescita a debito non è più una strada percorribile
di Emmanuel Martin,
Atlas Economic Research Foundation, direttore di www.UnMondeLibre.org
Questo articolo è apparso sul Foglio venerdì, all'indomani della visita a Roma del presidente della Repubblica francese, François Hollande.
Il Presidente francese, François Hollande, ha spinto per il suo programma basato su Eurobond, “crescita” e “maggiore solidarietà”. C'è però del marcio nel Royaume di Hollande: il 13 giugno l'economista Christian Saint-Étienne si è dimesso dal Consiglio di analisi economica di Matignon, dichiarando che le posizioni del nuovo governo sono in contrasto con tutte le raccomandazioni della Corte dei Conti, dell'Ispettorato Generale delle Finanze, dell'Unione europea, del Fmi e dell'Ocse… Salari minimi più elevati, ritorno dell'età pensionabile a 60 anni per coloro che hanno iniziato a lavorare presto, “posti di lavoro sovvenzionati”: davvero misure curiose in tempo di crisi. Tuttavia, il Presidente si è mantenuto vago su molte cifre, sostenendo che le questioni verranno definitivamente decise dopo l'audit delle finanze pubbliche chiesto alla Corte dei Conti e che dovrebbe essere reso pubblico entro il 1° luglio. Forse a quel punto il Presidente tornerà alla realtà. Ma è difficile fare marcia indietro rispetto a promesse demagogiche.
Perciò probabilmente Hollande ritiene che la propria incapacità di risolvere i propri problemi interni possa essere nascosta spostando gli stessi problemi a livello europeo. E proprio il premier italiano, Mario Monti, potrebbe essergli di aiuto in questa
operazione. Monti appare preso in trappola nel suo paese. Come in Francia, l'unica parte dei pacchetti di austerità a essere stata attuata è consistita nell'aumentare le tasse: austerità solo per i contribuenti, il modo migliore per soffocare la crescita. La priorità sarebbe dovuta essere quella di ridurre la spesa pubblica, ma malauguratamente durante il primo trimestre del 2012 è invece aumentata. La liberalizzazione del mercato italiano del lavoro è lenta. Non c'è da stupirsi che al momento in Italia la recessione si stia inasprendo. A questo punto, con i mercati consapevoli della situazione e con i tassi d'interesse in salita, gli italiani sono comprensibilmente delusi dai risultati del governo tecnico e c'è il rischio che i partiti politici ritirino il loro sostegno.
Tutto ciò probabilmente spiega il recente spostamento di Monti verso gli Eurobond e la “crescita”, due dei temi preferiti di Hollande. Contemporaneamente però il Ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, mercoledì ha dichiarato che l'Italia non è in pericolo fintanto che si attiene alle politiche di riforma avviate da Monti, aggiungendo che l'Italia ha compiuto importanti progressi: Berlino cerca di trascinare il suo vecchio alleato nel “campo delle riforme”, in modo che non si arrenda completamente al “lato oscuro”.
Sembra insomma che sia in corso una gara tra Francia e Germania per “tirare” l'Italia ognuna nel proprio campo. Se a saldarsi fosse un asse anti-Merkel, come quello visto ieri a Roma, uno scontro diretto con la Germania – a partire dal tema degli Eurobond - sarà inevitabile. Perché tutti, naturalmente, vogliamo la crescita, ma avremo una crescita indebitandoci ancora di più mentre siamo nel bel mezzo di una crisi? No, la crescita avviene attraverso una creazione di valore che richiede un ambiente favorevole all'imprenditoria: meno tasse, stabilità e semplicità delle regole, etc. Il problema dei nostri due paesi – Italia e Francia - è che sono delle “democrazie disfunzionali” in cui sembra quasi impossibile attuare vere riforme, che inevitabilmente colpiranno interessi particolari. E' più facile quindi fare in modo che altri paghino per noi. Se non che presto i tedeschi potrebbero averne abbastanza delle nostre disabilità culturali “meridionali” – e antidemocratiche – ammantate di retorica sulla solidarietà e la crescita.
di Emmanuel Martin,
Atlas Economic Research Foundation, direttore di www.UnMondeLibre.org