CONTRO MASTRO CILIEGIA
La scuola a distanza è aperta e funziona. Il resto è noia
Nessuno ha mai detto che la didattica a distanza sia il non plus ultra. Ma la scuola chiusa non è "tempo perso"
Sono finito inopinatamente coinvolto, non mi capita mai, in un acceso dibattito sul Twitter (numeri risicati, eh: il circolo dei perditempo che si occupano di scuola e didattica) per aver incautamente criticato un appello per la scuola pubblicato sul Messaggero e firmato da valenti persone, tra cui qualche amico del Foglio. L’invito dell’appello è a “cambiare il calendario scolastico”, nel senso che sarebbe necessario recuperare “il tempo scuola perso”, che sarebbe quello in presenza, “è enorme”. Un buco che si aggrava poi, aggiungendo “la pausa estiva, che è stata troppo lunga anche in questo anno di emergenza”. Rimediate, “altrimenti anche quest’anno scolastico sarà perso”.
A costo di annoiare: nessuno, da queste parti, ha mai sostenuto che la didattica a distanza sia il non plus ultra, e si è fatto il tifo per le scuole aperte. Ma up to a point. Questa convinzione, quando non sia una mania, di dire che la scuola chiusa è “tempo perso” è completamente sbagliata. Ci sono decine di migliaia di docenti, e studenti secondo il moltiplicatore-classe, che per mesi lo scorso anno, e ora, hanno fatto scuola. Lavorato, insegnato, affrontato verifiche e interrogazioni (persino orali) con strumenti nuovi. Con un risultato positivo per qualità, intensità, e persino quantità di tempo. Se poi si vuole cambiare il calendario con un fantomatico calendario “europeo”, lo si faccia, può essere un bene: basta fare una riforma della scuola, e anche dei contratti di lavoro. Per ora, dopo che professori e studenti hanno lavorato, tanto e bene, nella scuola a distanza, in estate fanno vacanza.