I focolai di coronavirus in Europa sono sempre di più, in molte zone sono state reintrodotte misure parziali di lockdown, con grandi disagi e molte preoccupazioni per la stagione turistica già avvilita e per le conseguenze economiche che si sentono e si sentiranno. A differenza di quel che è accaduto a marzo, l’Italia si trova dall’altra parte della curva di progressione del contagio: per ora da noi i focolai sono sotto controllo, i dati sono buoni e la situazione è stabile. A marzo, eravamo stati i primi a essere colpiti dalla pandemia (ancora non si sapeva fosse tale) e all’inizio abbiamo anche dovuto subire la spocchia altrui, come se il coronavirus fosse un problema italiano. Ora potrebbe esserci la tentazione di avere noi la stessa leggerezza che gli altri paesi europei usarono nei nostri confronti, e sentirci così in qualche modo immuni. Come sappiamo, sarebbe un grave errore: basta vedere la prima pagina di ieri del quotidiano inglese Independent con il grafico sul cambiamento del tasso di mortalità in Europa nella prima metà del 2020. In alto in alto, c’è il Regno Unito, che più di tutti ha pensato che il virus fosse un affare degli altri, non suo. Ritardi e spocchia hanno in realtà aggravato la risposta negli altri paesi, e anzi oggi sarebbe auspicabile anche un coordinamento maggiore da parte dell’Unione europea per evitare – come già sta accadendo – la chiusura delle frontiere.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE