dall'archivio
Dal crollo del ponte Morandi al modello Genova
Quattro anni fa l'Italia spaventata dalla tragedia del Polcevera decise di non arrendersi in memoria delle 43 vittime. Cronistoria dal capoluogo ligure che ha vinto la sua sfida più difficile
La mattina della vigilia di Ferragosto del 2018 l'Italia si sveglia sotto shock. 250 metri del ponte Morandi di Genova (o Polcevera dal nome dell'omonimo torrente che scavalcava) improvvisamente collassano trascinandosi giù 43 vite. Le prime impressionanti immagini del disastro fanno il giro del mondo. Poche ore dopo, il governo italiano delibera lo stato di emergenza e il lutto nazionale, mentre 566 cittadini vengono sfollati.
Nel 2019 inizia la delicata demolizione e la rimozione dei detriti. La parte di viadotto rimasta in piedi viene fatta esplodere con 650 chili di dinamite. In 7 mesi di lavori vengono ricostrutiti tutti i 1.067 metri del viadotto a un'altezza di 45 metri. Il nuovo ponte Genova San Giorgio, costruito su disegno dell'architetto Renzo Piano, è stato inaugurato il 3 agosto 2020. Le prime automobili lo hanno percorso alle ore 22 del giorno successivo.
Il sindaco di Genova, Marco Bucci, ha vinto la sua scommessa da commissario straordinario alla ricostruzione. L'ex manager è stato capace di gestire con slancio la macchina pubblica. "Ci si rimbocca tutti le maniche 24 ore su 24" ha spiegato a ridosso dell'inaugurazione del "modello Genova".
La storia del ponte Morandi è una storia in cui per la prima volta da anni il pubblico, il privato, il populismo e l’antipopulismo sono riusciti a trovare un punto di incontro perfetto per dare la possibilità a un piccolo esercito formato da 1.500 persone tra operai, ingegneri e tecnici di realizzare in tempi da record un’opera destinata a essere cruciale non solo per la viabilità del nostro paese.