Editoriali
È Roma che uccide, non YouTube
A Casal Palocco Matteo Di Pietro correva troppo, e i social non c’entrano niente. "Non interagiva con la telecamera ed era sempre concentrato alla guida”, scrive la Gip. Ma per politici e media la colpa è di internet. Così nel nuovo codice della strada entra la norma anti-youtuber
"Di Pietro sapeva di essere ripreso all’interno dell’auto, ma non interagiva con la telecamera ed era sempre concentrato alla guida”. Lo ha scritto in un’ordinanza la Gip che ha disposto la custodia cautelare per il 20enne Matteo Di Pietro, lo youtuber che lo scorso 14 giugno alla guida di una Lamborghini Urus si è scontrato con un’altra auto dove viaggiano una mamma con i suoi due figli, causando la morte di Manuel, 5 anni.
Da subito politici, giornali e tv hanno deciso che le cause dell’incidente andavano ricercate non tanto nella dinamica, ma su YouTube, tra le “challenge”, le sfide online di Di Pietro e dei suoi compagni. In concreto questo significava dire “i ragazzi facevano i video mentre procedevano”. Sottotesto: anche Di Pietro, mentre guidava, era distratto, più concentrato a riprendere che a guidare. E invece la verità che potrebbe presto svelarsi è ben più banale, ma non meno tragica: l’incidente è avvenuto perché l’auto correva. A Roma non si rispettano i limiti di velocità. In un contesto di degrado urbano, ignoranza e assenza di controlli. Corrono youtuber, tassisti, avvocati e idraulici. Non c’è bisogno né di internet, né delle challenge online, che di certo non spiegano 72 morti, più di uno ogni 3 giorni, per le strade della capitale in questa prima parte del 2023.
Anche perché la sfida online di Di Pietro nulla c’entrava con le corse in auto – i testimoni a bordo hanno spiegato di avergli chiesto più volte di rallentare – ma consisteva nel rimanere per diverse ore dentro l’auto. Intanto, nel dubbio, nel nuovo Codice della strada, approvato oggi dal Consiglio dei ministri, Matteo Salvini ha inserito la norma anti-youtuber, un codicillo per estendere il divieto di guida delle super car a tre anni dal conseguimento della patente e non un solo come accade oggi. In questo modo Di Pietro non avrebbe potuto noleggiare l’auto. Ma soprassedere sulle cause di 72 morti in pochi mesi a Roma è a sua volta un delitto.