Editoriali
Il Cav. e il disprezzo della Borrelli family
La figlia dell’ex procuratore forse pensa che il Famedio sia roba di papà
Sull’iscrizione di Silvio Berlusconi nel Famedio, luogo d’onore dei milanesi nel Cimitero monumentale, decisa dall’apposita commissione del Comune a larga maggioranza, anche a causa di un giusto appello del sindaco Beppe Sala “a evitare ogni possibilità di divisione”, è scoppiata una polemica surreale. Federica Borrelli, figlia del procuratore che tollerò il pronunciamento del suo pool contro un decreto del governo, e il cui nome è iscritto appunto al Famedio, ha lanciato una petizione intitolata “Berlusconi al Famedio, non in nome nostro” che ha raccolto un paio di migliaia di firme. Ha risposto il Giornale, quotidiano milanese, raccogliendo firme, finora circa settemila, su un appello opposto. “Berlusconi al Famedio in nostro nome”.
Se non si trattasse di una notizia legata a un defunto, si direbbe che appartiene al genere umoristico. Negare che Berlusconi sia stato una persona importante nella vita milanese è davvero difficile. Quello che però lascia interdetti è la permanenza di una specie di “antiberlusconismo militante” anche dopo la scomparsa del fondatore di Forza Italia. Quel che era comprensibile nel quadro di una battaglia politica, compresa la personalizzazione, diventa ora una specie di mania retrospettiva che ha solo i caratteri del cattivo gusto. La “damnatio memoriae” dell’antica Roma era una cosa troppo seria e tragica per ripercorrerla ora, una commedia nemmeno divertente. Un atto di buon senso dell’amministrazione milanese, che, senza la polemica post-borrelliana, non avrebbe suscitato in realtà un particolare interesse, è stato popolarizzato proprio da chi l’ha voluto contestare. La settimana prossima l’iscrizione sarà posta, in attesa della prossima polemiche retroattiva di chi non ha nient’altro da dire. Una cosa, però, l’improvvida iniziativa della figlia di Borrelli, smascherando un odio supponente e ingiustificato, lo ha messo in luce: evidentemente il babbo non era un campione di giudizio imparziale.