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Editoriali

La log(ist)ica neo maoista dei Cobas contro Leroy Merlin

Redazione

Gli attacchi del sindacato all'azienda del gruppo francese del bricolage. Ma nelle vertenze serve trattare 

Bene ha fatto Repubblica a mandare un inviato in quel di Castel San Giovanni, Piacenza, dove c’è uno dei poli della logistica più grandi d’Italia, uno snodo essenziale per l’economia non solo nazionale ma dell’intera supply chain europea, senza la quale tutto si ferma. Bisogna andare lì per capire un fenomeno di proteste illegali – “azioni dimostrative”, o meglio piccoli sabotaggi – che sta coinvolgendo gli store di Leroy Merlin, gruppo francese del bricolage: sono già una trentina i centri presi d’assalto da esponenti di Si Cobas che svuotano scaffali, abbandonano le merci nei carrelli, impediscono il normale flusso del punto vendita. La protesta nasce dalla decisione presa di Leroy Merlin di chiudere il polo piacentino, che accumula milioni di perdite, e trasferire le attività in altre zone considerate più funzionali in base ai mutamenti del mercato e della logistica. Ci sono due rilievi, entrambi negativi. La chiusura del centro causerebbe perdita del lavoro per circa 500 persone. Ad alcune è stato proposto il trasferimento, ad altre un indennizzo. Si può valutare e negoziare in materia, è il compito dei sindacati.

Ma il Cobas, che ha il 90 per cento della rappresentanza (e i confederali?) non intende nemmeno trattare. Né ragionare sulle criticità che spingono le aziende a modificare le proprie logistiche (è già accaduto, nell’area padana, per altri casi). Forse preferiscono una chiusura secca? Il secondo aspetto riguarda una cattiva modalità dello scontro sociale. Quando i responsabili sindacali dicono “nessuno ha spaccato niente”, è una risposta irricevibile: il danno, anche solo economico, è evidente. È una forma di violenza solo più subdola. Ma caratteristica della minacciosa distopia neo-maoista in cui siamo immersi: sempre più spesso ci sono gruppi che si arrogano la ragione, e pure il diritto, di procedere alla “rieducazione” degli altri. Senza che nessuno abbia stabilito se esista un torto, senza alcuna contrattazione sindacale o discussione secondo regole condivise si passa alle vie di fatto per imporre la propria ragione.

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