editoriali

Fare del medico un pubblico ufficiale per tutelare una categoria sotto attacco

Redazione

Nel 2023 sono state oltre 16 mila le aggressioni a danno del personale sanitario e socio-sanitario in Italia. La procedibilità d’ufficio non basta

Un fenomeno che non appresta a diminuire nonostante i diversi tentativi di sensibilizzazione verso i cittadini tramite campagne di comunicazione. Parliamo delle aggressioni a danno del personale sanitario e socio-sanitario. Le segnalazioni complessive di aggressione nell’anno 2023 sono state oltre 16 mila sull’intero territorio nazionale (ad esclusione della Sicilia), per un totale di circa 18 mila operatori coinvolti nelle aggressioni segnalate. Ogni aggressione, infatti, può coinvolgere più di un operatore. Questi i numeri contenuti nella relazione al Parlamento presentata dal ministero della Salute. A segnalare i due terzi delle aggressioni sono state professioniste donne e le fasce d’età più colpite quelle tra i 30-39 anni e tra i 50-59 anni. La professione più colpita è quella degli infermieri (rappresentano i professionisti più numerosi nel Ssn), seguita da medici e operatori socio-sanitari. I setting più a rischio sono risultati essere i Pronto Soccorso e le Aree di Degenza e gli aggressori principalmente i pazienti. Il 68 per cento delle aggressioni segnalate sono aggressioni verbali che probabilmente sfuggono ai sistemi di monitoraggio già esistenti. E’ interessante infine osservare come il 6 per cento delle aggressioni avvenga contro beni di proprietà del professionista aggredito.

 

Il personale sanitario, già sottoposto a ritmi di lavoro fuori dalla normalità a causa dell'annoso problema della carenze di personale, con stipendi che non sono sicuramente in linea con i parametri europei, si ritrova così anche a dover lavorare in ambienti spesso pericolosi e ostili nei loro riguardi. Cosa fare? Bene la procedibilità d’ufficio ma probabilmente, ad un’operazione culturale e di formazione, si dovranno affiancare anche altri interventi che prevedano un maggiore coinvolgimento delle Forze dell’ordine nelle strutture sensibili più colpite e un intervento legislativo che riconosca a questi medici in servizio presso queste strutture la qualifica di pubblico ufficiale.

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