Editoriali
Sei anni fa il crollo: oggi il "modello Morandi" può essere utile per l'Italia
Nel 2018 la tragedia, 43 morti. Due anni dopo, nel 2020, il viadotto era già stato ricostruito. Il merito va al "metodo" scelto e voluto dalla politica: il sindaco di Genova Marco Bucci mise in campo procedure snelle e fu data la possibilità di agire in fretta, ovviamente nel rispetto delle leggi
A metà mattina del 14 agosto del 2018, esattamente sei anni fa, una città e l’Italia intera rimasero paralizzati dallo sgomento e dal dolore. A Genova il ponte Morandi era crollato, portandosi dietro 43 vite, e dietro a loro un’infinita serie di legami spezzati, di luoghi da abbandonare per sempre, di sfollati. Fu per tutti la fotografia di un paese guasto, in cui le grandi opere che avevano trasformato l’Italia negli anni del boom da tempo sono abbandonate, non controllate, non tenute in sicurezza. Sei anni dopo, l’11 settembre riprenderà il processo per appurare le responsabilità di quella tragedia, ci sono 58 imputati, ci sono fatti ormai chiari alle cronache e agli specialisti e altri da chiarire. La giustizia è parte essenziale per ricostruire, ma non è la sola cosa.
Dopo due anni, nel 2020, e non dopo sei, un nuovo ponte è stato costruito. Merito dell’impegno di tutto il paese, e di tanti tecnici, ma merito in primo luogo di un “metodo” scelto e voluto dalla politica: il sindaco di Genova Marco Bucci fu nominato Commissario straordinario per la ricostruzione del ponte, furono messe in campo procedure snelle e fu data la possibilità di agire in fretta e al meglio – ovviamente nel rispetto delle leggi. A quel tempo un governo populista di apprendisti stregoni si limitò a urlare accuse e ad annunciare società espropriate e punizioni esemplari, cose impossibili e che non avvennero, mentre un ministro parlava del futuro ponte come di “un luogo dove poter giocare e mangiare”.
Fortunatamente e diversamente per l’Italia, il modello Genova è stato e rimane un esempio di come la politica possa invece assolvere al suo compito: se è messa in grado di farlo, con regole snelle, se sa resistere alle sirene del populismo becero. E se non è condizionata – in certi casi verrebbe da dire ricattata – dal debordare di una magistratura assetata di protagonismo. Genova è ancora oggi una città che attende scelte strutturali importanti. Le auguriamo che il modello applicato per il Morandi non sia dimenticato.