Cecilia Sala (Foto GettyImages) 

Il carcere duro

La detenzione di Cecilia Sala in Iran, giorno per giorno

Redazione

Dall'arrivo a Teheran all'arresto "per aver violato le leggi della Repubblica islamica", come dice l'Iran. La diplomazia, il fronte politico e le condizioni di incarcerazione in una cella di isolamento nella prigione di Evin. Una cronistoria

Dal 19 dicembre 2024 Cecilia Sala, giornalista del Foglio e di Chora Media, è rinchiusa in una cella di isolamento del carcere iraniano di Evin, a Teheran. La notizia del suo arresto ha mobilitato sin da subito la politica italiana e internazionale. Ecco quel che sappiamo di quel che le è accaduto finora.

   

13 dicembre: l'arrivo a Teheran

Cecilia Sala arriva a Teheran con un visto giornalistico della durata di otto giorni. Pubblica tre puntate del suo podcast quotidiano, “Stories” (Choramedia), l'ultima il 18 dicembre.

 

19 dicembre: l'arresto

Cecilia aveva un appuntamento per un'intervista all'ora di pranzo: non è mai arrivata all'appuntamento. È stata arrestata attorno alle 12.30, l'ultimo messaggio che ha inviato alla nostra redazione risale a poco prima. Quando non ha inviato l'episodio del podcast di quel giorno, è partito il primo allarme. L'unità di crisi del ministero degli Esteri italiano, i servizi di intelligence (Aise) e l'ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, hanno iniziato a occuparsi del caso. Il suo rientro a Roma era previsto per la mattina del 20 dicembre.

  

20 dicembre: la telefonata alla mamma e al compagno

Cecilia non ha preso l'aereo del rientro, che partiva alle 11 della mattina, ora locale. Il governo italiano si è mosso fin da subito, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sono stati informati. Qualche ora dopo, Cecilia ha telefonato a casa, ha parlato con sua mamma e con il suo compagno, ha detto di essere stata arrestata, non ha potuto fornire alcuna informazione su dove fosse né sull'arresto. Ha detto di non essere ferita e, secondo la famiglia, leggeva un testo scritto.

   

26 dicembre: un'altra telefonata

Cecilia ha potuto telefonare a casa, dopo che da giorni il governo italiano chiedeva una visita da parte dell'ambasciatrice e un'altra chiamata alla famiglia. Sembrava che questa telefonata dovesse arrivare prima, alla vigilia di Natale e il giorno di Natale, ma non sono arrivate: il permesso viene dato dal governo iraniano. La conversazione non ha toccato argomenti legati all'arresto e alla detenzione e Cecilia non sapeva nulla della possibile visita dell'ambasciatrice.

  

27 dicembre: la visita dell'ambasciatrice, la notizia della detenzione diventa pubblica

Il 27 dicembre la notizia diventa pubblica, dopo che le testate a conoscenza della vicenda hanno ricevuto rassicurazioni dalla diplomazia italiana del fatto che mettere al corrente i lettori non avrebbe condizionato gli sforzi diplomatici per riportarla a casa. “In precedenza”, c'è scritto nella nota della Farnesina“la dottoressa Sala aveva avuto la possibilità di effettuare due telefonate con i parenti”. Nello stesso giorno l'ambasciatrice d’Italia in Iran, Paola Amadei, è riuscita a fare la prima visita consolare nel carcere di Evin per verificare le condizioni e lo stato di detenzione di Cecilia. Si è presentata con una squadra di tre persone, incluso un traduttore dal farsi, e con un pacco con alcune cose da consegnare alla detenuta, tra cui vestiti caldi e una mascherina per coprirsi gli occhi, visto che la luce artificiale è sempre accesa nella cella d'isolamento. L'incontro con l'ambasciatrice è durato circa 30 minuti. 

  

       

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha dichiarato che Cecilia Sala è "in buona salute, si trova in una cella singola”, e “il governo sta lavorando con la massima discrezione per cercare di riportarla in Italia". Il ministro ha assicurato il massimo impegno: “Ora cercheremo di fare quello che abbiamo fatto con Alessia Piperno, l'altra giovane italiana arrestata qualche mese fa e che siamo riusciti a riportare a casa”. 

     

30 dicembre: l'Iran conferma l'arresto

Il dipartimento generale dei Media esteri del ministero della Cultura e dell'orientamento islamico dell'Iran conferma l'arresto di Cecilia Sala "per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell'Iran". In una nota, Teheran fa sapere che il caso è sotto inchiesta e che l'arresto “è stato eseguito secondo la normativa vigente e l'ambasciata italiana è stata informata. Le è stato garantito l'accesso consolare e il contatto telefonico con la famiglia”. 

 

       

1 gennaio: una telefonata a casa

La mattina del primo giorno del 2025 la famiglia riceve una telefonata da Cecilia, che racconta le condizioni della sua incarcerazione in isolamento. Cecilia dorme sul pavimento con due coperte, una per coprirsi e una sotto. La sua cella è completamente vuota e illuminata da un faro acceso 24 ore su 24. Si trova in regime di isolamento completo, e l'unico contatto che ha avuto è stato quello con l’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, per trenta minuti. 

Cecilia non ha con sé i suoi occhiali e non ha ancora ricevuto il pacco con generi di prima necessità (con articoli per l’igiene, quattro libri, sigarette, un panettone, cioccolato e una mascherina per coprire gli occhi) che sabato 30 dicembre l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amodei, le ha fatto recapitare nel carcere di Evin. Cecilia ha ripetuto più volte che “bisogna fare in fretta” per trovare una soluzione che le permetta di essere riportata a casa.  

Lo stesso giorno la Farnesina, tramite Amedei, consegna una nota al governo iraniano in cui chiede “garanzie totali sulle condizioni di detenzione di Cecila Sala” e la “liberazione immediata” della giornalista italiana. 

 

2 gennaio: l'ambasciatore iraniano alla Farnesina, il primo vertice di governo e il tweet su Abedini

Il ministro degli esteri Antonio Tajani annuncia di aver convocato alla Farnesina l’ambasciatore iraniano Mohammad Reza Sabouri, cui viene chiesta nuovamente la liberazione immediata di Cecilia. Nell'incontro il ministero ha ribadito la richiesta di assicurare condizioni di detenzione dignitose, nel rispetto dei diritti umani, di garantire piena assistenza consolare, permettendo all'ambasciata d'Italia a Teheran di visitare Cecilia e di fornirle i generi di conforto che finora le sono stati negati. 

Nello stesso giorno, per la prima volta il caso arriva a Palazzo Chigi. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni riunisce il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il sottosegretario Alfredo Mantovano e i vertici dei servizi di intelligence. Al termine della riunione, Palazzo Chigi fa sapere che "il governo conferma l’impegno presso le autorità iraniane per l’immediata liberazione di Cecilia Sala, e, in attesa di essa, per un trattamento rispettoso della dignità umana". La premier telefona poi al papà di Cecilia e incontra la madre a Palazzo Chigi. 

Ancora giovedì 2 gennaio, per la prima volta una fonte ufficiale iraniana mette in relazione l'arresto di Cecilia con quello, avvenuto il 16 dicembre a Malpensa su mandato americano, dell'ingegnere iraniano Abedini, (Mohammad Abedininajafabadi). L'uomo è sospettato di avere trafficato in tecnologia militare – eludendo le leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni – e di cui gli Stati Uniti hanno chiesto l'estradizione. A riguardo, Palazzo Chigi ha dichiarato: "Per quanto riguarda Mohammad Abedini, che è al momento in stato di detenzione cautelare su richiesta delle autorità degli Stati Uniti, il governo ribadisce che a tutti i detenuti è garantita parità di trattamento nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali". 

   

3 gennaio: i genitori di Cecilia chiedono il silenzio stampa

Dopo una settimana in cui la notizia dell'arresto è stata di dominio pubblico, i genitori di Cecilia comunicano di volersi astenere da commenti e dichiarazioni e chiedono senso di responsabilità, riservatezza e discrezione, anche attraverso un silenzio stampa, per non vanificare gli sforzi delle autorità italiane nelle trattative delicate. Un appello legittimo e comprensibile, che si può realizzare offrendo un’informazione sobria e responsabile in grado di evitare il rischio indicato dalla famiglia, quello appunto di allungare i tempi per riportare Cecilia a casa.
       

 

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