Cosa c'è dietro la rivolta dei cinesi a Sesto Fiorentino
Il governatore della Toscana parla di “mafia” dopo gli scontri con le forze dell’ordine per i controlli sui capannoni della zona in mano ai cinesi. Ma prima di lanciare accuse da verificare, bisognerebbe chiedersi se basta una risposta burocratica ai problemi delle imprese.
A Sesto Fiorentino è bastata un’ispezione contro il lavoro nero dell’Asl e delle forze dell’ordine, in un’atmosfera di tensione strisciante dovuta all’intensificarsi dei controlli sulle imprese che da tempo operano in un ambiente di diffusa illegalità, a far scattare la rivolta dei cinesi. E’ volata qualche parola di troppo, uno spintone e da lì attraverso il tam tam coi cellulari sono scesi in piazza per protestare centinaia di cinesi. Poi gli scontri con le forze dell’ordine, i lanci di pietre e bottiglie e le cariche della polizia.
Soprattutto dopo il rogo nel capannone a Prato che costò la vita a sette persone, si sono intensificati i controlli nei confronti delle ditte asiatiche che spesso operano in condizioni precarie, in fabbriche dormitorio, senza rispettare le norme sulla sicurezza sul lavoro. Si sbaglia però se a questi problemi, in un clima di avversione agli asiatici che hanno sostituito le pmi italiane, comprandole o facendo concorrenza, si dà una risposta che è solo burocratica.
La comunità asiatica è esasperata da controlli a tappeto che, più che ripristinare una situazione di legalità, sembrano una pratica vessatoria che impedisce loro di lavorare. La reazione dei cinesi, per certi versi, ricorda quella dei braccianti neri di Rosarno, ma lì la rivolta era contro i padroni e qui contro la burocrazia, e gli asiatici fanno in genere meno simpatia degli africani. Così il governatore della Toscana Enrico Rossi ha avuto gioco facile nel dire che dietro la rivolta c’è l’ombra della criminalità organizzata: “Esiste un’organizzazione con un obiettivo preciso. Tutti sanno che esiste una mafia”. Se un’istituzione conosce dei fatti dovrebbe denunciarli, altrimenti con ipotesi campate in aria si può al massimo alimentare una specie di razzismo burocratico, ma non si risolvono i problemi.