Una vita da vegano, discutiamone

Redazione

Il bimbo di 13 mesi che rischiava di morire per la dieta imposta dai genitori. Un po’ di dati e considerazioni su chi mangia in maniera diversa.

Rispondendo a una domanda sui tempi della scuola, Carlo Emilio Gadda disse: «Il papà m’infliggeva una tavoletta di carne tutti i giorni, perché si vede che avevano sentito che ai bambini fa bene la carne. Era noiosissima da deglutire e da mangiare» [Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano 11/4].

 

Andrew a 13 mesi pesa 5 chili e 240 grammi, è lungo appena 67,5 centimetri e ha un quadro clinico critico. Andrew, papà indiano e madre italiana, è stato sottratto ai genitori dal Tribunale dei minori e affidato al Policlinico San Donato Milanese dove è stato sottoposto a un intervento cardiaco d’urgenza. Secondo il giudice dei minori Ciro Cascone il grave quadro clinico è stato provocato dalla ferrea dieta vegana senza alcuna integrazione alla quale il bambino era stato sottoposto dai suoi genitori [Fabio Poletti, La Stampa 9/7].

 

La cartella clinica datata 1° luglio: «La crescita ponderale del bambino è inferiore al terzo percentile, soffre di grave ipotonia, ipotrofia generalizzata, ritardo psicomotorio e calcemia ai limiti della sopravvivenza». In più Andrew soffriva di una grave patologia cardiaca mai curata [Elisabetta Andreis, Corriere della Sera 9/7].

 

La vicenda inizia a maggio, quando i nonni portano il bambino per una visita di controllo al policlinico San Donato, dove è attivo un ambulatorio per famiglie vegane. Nonostante l’ospedale faccia presente che la malnutrizione del piccolo è arrivata a «livelli di calcio quasi incompatibili con la vita», i genitori si oppongono alle cure e si raccomandano solo di non somministrargli in alcun modo latticini o altre proteine animali. Negano pure l’autorizzazione all’intervento al cuore. Poi riportano Andrew a casa [Fabio Poletti, La Stampa 9/7].

 

Adesso Andrew è in affido temporaneo all’ospedale, in attesa che il giudice decida se darlo ai nonni o a una comunità che assiste le madri coi loro bambini. È il primo caso di questo tipo a Milano. Nei mesi scorsi altre storie simili si sono verificate a Genova, Firenze e Belluno [Elisabetta Andreis, Corriere della Sera 9/7].

 

È indubbio che veganesimo sia un tema che eccita molto il dibattito pubblico, un po’ per gli approcci aggressivi dei gruppi vegani più intransigenti, un po’ per la delicatezza delle questioni dell’alimentazione dei bambini [Gabriele Rosso, il Post 15/4].
La dieta vegana è una variante di quella vegetariana: mentre i vegetariani si limitano a non mangiare né carne né pesce, i vegani si astengono da tutti i cibi che contengono prodotti di derivazione animale, quindi anche latte, formaggi, uova e miele [Gabriele Rosso, il Post 15/4].

 

Ma il veganesimo si spinge anche al di là delle abitudini alimentari: nella sua accezione ortodossa il vegano non dovrebbe usare vestiti di lana e seta, scarpe, borse e divani di pelle, o cosmetici testati sugli animali. In sostanza il vegano pone al centro della sua visione del mondo il rifiuto di ogni forma di violenza e di costrizione sulle specie animali, equiparandole a quelle compiute sugli umani [Gabriele Rosso, il Post 15/4].

 

I dati diffusi dal Rapporto Italia 2016 di Eurispes parlano di un aumento di coloro che si dichiarano vegetariani nel nostro Paese, che oggi rappresentano il 7,1 per cento del campione di persone intervistate. I vegani si fermano all’incirca all’1 per cento, un dato comunque in grande crescita rispetto allo 0,6 per cento dell’anno precedente [Marianna Aprile, Oggi 6/4].

 

Il vero fenomeno degli ultimi anni, comunque, è la generale caduta in disgrazia della carne: tra il 2005 e il 2014 la percentuale di chi consuma quella rossa è scesa dal 72,7 al 64,7; dal 46 al 43,9 per le carni di maiale, dal 61,7 al 59,2 per i salumi (Istat). È cresciuta, invece, la fetta di italiani che mangia carni bianche (dal 79,8 all’81,4) e uova (dal 57,6 al 58,5) [Marianna Aprile, Oggi 6/4].

 

Nel resto del mondo, a parte l’India in cui la percentuale è molto alta anche per motivi religiosi, i paesi a più forte tradizione vegetariana e vegana sono quelli anglosassoni, Regno Unito in testa [Gabriele Rosso, il Post 15/4].

 

Alcune ricerche abbastanza recenti hanno dimostrato come buona parte delle persone che avevano adottato uno stile alimentare vegetariano o vegano poi è tornata a mangiare carne. Una di queste è stata realizzata nel 2014 dallo Humane Research Council di Washington, un’organizzazione non-profit che produce indagini rivolte proprio alle associazioni animaliste: su un campione di più di 11mila americani intervistati è risultato che l’84 per cento dei vegetariani o vegani è poi tornato a essere onnivoro [Gabriele Rosso, il Post 15/4].

 

Insieme alla questione dell’uguaglianza tra uomini e animali, i due punti principali su cui oggi si basano le argomentazioni dei vegani sono la maggiore sostenibilità ambientale delle diete cruelty free e le questioni di salute. Come ha scritto lo scorso aprile su The Atlantic Lauren Cassani Davis, una ricerca della University of Oxford ha stimato quanto si potrebbe risparmiare se nel 2050 tutto il mondo seguisse una dieta vegetariana o vegana: tra costi sanitari diretti, costi sanitari indiretti e benefici ambientali, secondo la ricerca un mondo vegetariano risparmierebbe circa 1.483 miliardi di dollari l’anno, mentre uno vegano ne risparmierebbe 1.636 [Gabriele Rosso, il Post 15/4].

 

La scorsa Pasqua il consumo di agnelli e abbacchi nel nostro Paese è calato del 10%, stando ai dati della Confederazione italiana agricoltori [Ettore Livini, la Repubblica 31/3].

 

Nel 2009, certifica l’Istat, in Italia sono stati uccisi 4,68 milioni di agnelli; lo scorso anno siamo scesi a 2,21 milioni [Ettore Livini, la Repubblica 31/3].

 

Michele Serra: «C’è un composito, vivacissimo fronte naturista-integralista: che per esempio contesta i vaccini e la chemioterapia, non mangia carne e non ruba il latte alle mucche e le uova alle galline, e cerca nella sintonia con il cosmo la via per la salute e la saggezza. Ci si aspetterebbe che quella intensa nicchia di umani producesse testimonial in linea con i propri presupposti – salute e saggezza – e invece capita sempre più spesso il contrario. Non il monaco sorridente, non il mite pacificato, ma l’energumeno urlante, il sospettoso psicopatico, il fanatico insultante, le lettere furibonde e vindici che tempestano giornali e giornalisti sospettabili di non essere amici della nutria. Curioso che pratiche ascetiche producano individui rissosi» [Michele Serra, la Repubblica 7/6].

 

Daniela Ranieri: «Per un convinto carnivoro chiunque non mangi carne è un fanatico da compatire. Certo, ci sono anche i jihadisti del tofu, su cui libretti di successo hanno fatto tutta l’ironia possibile (poca, incomparabile con quella di A. W. Brown: “Non sono vegetariano perché amo gli animali. Sono vegetariano perché odio le piante”). Ma non mangiare animali è una scelta igienica e pacifica. I due razzismi sono simmetrici: il primo ha tutti i difetti delle utopie di purezza (il cantante inglese Morrissey interrompe i concerti se si accorge che qualcuno nel pubblico mangia hot-dog); quello dei fieri divoratori di mucche, cavalli, agnelli, maiali, invece, contiene un elogio, consapevole o no, della morte e della violenza» [Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano 11/4].

 

Sono in molti a chiedersi se la dieta vegana faccia bene o, al contrario, abbia delle controindicazioni mediche. E la risposta è piuttosto condivisa: mangiare vegano non fa male, a patto che nella scelta degli alimenti si faccia attenzione a garantire il giusto apporto delle sostanze nutrizionali necessarie a un’alimentazione equilibrata. Difficile invece, se non impossibile, dire se la dieta vegana sia più salubre o meno di una dieta che prevede il consumo di carne e di derivati animali: spesso le associazioni vegane lo affermano esplicitamente, mentre i carnivori più diffidenti sostengono l’esatto contrario, ma non esistono elementi definitivi e universali per dire l’una o l’altra cosa [Gabriele Rosso, il Post 15/4].

 

Il tema diventa ancora più delicato quando si parla di bambini. Già all’inizio dello svezzamento, ma anche prima se allattati da una madre vegana, i bambini possono andare incontro a carenze di vitamine, acidi grassi, ferro, calcio. I medici però osservano soprattutto una mancanza della vitamina B12, che è presente esclusivamente nei prodotti animali. I genitori devono somministrare integratori vitaminici, ma anche ferro, per compensare le carenze nutrizionali. In questo modo un regime alimentare vegano non dovrebbe dare problemi [Michele Bocci, la Repubblica 29/6].

 

A Milano ad aprile è stato aperto un asilo nido completamente vegano. «Non abbiamo statistiche sui bambini», ha spiegato Alessandro Ventura, direttore della pediatria all’università e all’ospedale Burlo Garofolo di Trieste «Quel che vediamo è la punta dell’iceberg: i casi in cui le carenze sono talmente gravi da richiedere il ricovero» [Beatrice Montini, Corriere.it 7/7].

 

Mercoledì scorso Luigi Di Maio ha festeggiato i suoi trent’anni in un barcone sul Tevere. Al momento di spegnere le candeline ha detto: «Vorrei precisare che la torta è vegana» [Beatrice Montini, Corriere.it 7/7].

 

 

Apertura a cura di Luca D'Ammando

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