Come uscire dalla spirale della denatalità
L’Italia fa sempre meno figli, invecchia e non crea abbastanza lavoro. Servizi carenti e problemi economici non bastano a spiegare il problema: bisogna ricostruire la fiducia nel futuro.
I dati statistici dell’ultimo semestre certificano un impressionante incremento della tendenza già presente da anni delle riduzione delle nascite. Molti considerano, non senza ragione, la disoccupazione giovanile (o l’ingresso assai ritardato nel mondo del lavoro) la principale causa dell’aumento della denatalità. I giovani si sposano (o comunque costituiscono coppie stabili) più tardi perché più tardi raggiungono una stabilità del reddito che lo consente, rinviano anche di più la scelta della procreazione, per timore legato ai caratteri incerti del mercato del lavoro. Dall’altra parte lo standard dell’educazione e del mantenimento dei figli continua a crescere in termini economici, forse anche per una esagerata preoccupazione di offrire (talora di imporre) ai bambini una serie di opportunità extrascolastiche. I servizi per l’infanzia, a cominciare dagli asili nido, invece, sono poco finanziati, il che determina un onere aggiuntivo. Così si possono sentire battute ciniche, come quella che all’affermazione che i giovani non trovano lavoro fa seguire il commento che per fortuna sono sempre meno numerosi.
La spirale della denatalità e del conseguente invecchiamento della popolazione, però, a sua volta crea una situazione in cui il peso crescente dei costi connessi all’invecchiamento, soprattutto sanità e previdenza, assorbe una quota crescente della ricchezza, rendendo marginale la disponibilità per investimenti produttivi, pubblici e privati, il che rallenta la crescita e rende critica la disoccupazione o la sottooccupazione giovanile.
L’invecchiamento produce disoccupazione, la disoccupazione produce invecchiamento. Uscire da questa spirale che sembra inarrestabile diventa sempre più difficile. Manca anche una coscienza della gravità della situazione, visto che al massimo si discute sull’utilità o meno dell’immigrazione per ricostituire la popolazione, peraltro in base a pregiudizi (sia quello favorevole all’accoglienza indiscriminata sia quello che punta alla costruzione di impossibili muri di protezione). La soluzione del problema (non semplice anche perchè è alimentato da altri fattori oltre a quelli economico sociali citati) sta nella concentrazione degli sforzi sulla crescita e sulla formazione professionale, anche a discapito di altri bisogni reali.
La decrescita della natalità è iniziata col passaggio dalla prevalenza agricola a quella industriale e si è impennata da quando il settore prevalente è diventato quello dei servizi. Questi cambiamenti, avvenuti nel giro di tre generazioni, hanno eroso la fiducia nel futuro, che era forte quando si pensava ragionevolmente che i figli sarebbero stati meglio dei padri e dei nonni. Ora questa fiducia manca e se non viene ricostruita non ci sarà davvero un futuro.
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