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La tragedia di Catania e il tic mediatico sull'obiezione di coscienza

Redazione

Ciò che è accaduto all’ospedale Cannizzaro di Catania sembra ormai chiaro. Non si trattava di un aborto, ma di un parto prematuro che ha provocato la morte sia della madre sia dei due gemelli che portava in grembo. Ma ormai su media e social network è partito il tormentone che ha già trasformato il caso in battaglia ideologica.

Ciò che è accaduto all’ospedale Cannizzaro di Catania sembra ormai chiaro. Non si trattava di un aborto, ma di un parto prematuro che ha provocato la morte sia della madre sia dei due gemelli che portava in grembo. Gli interventi dei medici sono stati inefficaci, ma l’obiezione di coscienza non c’entra proprio nulla. Se poi si sia fatto tutto il possibile per salvare Valentina Milluzzo, lo si saprà, forse, al termine delle inchieste, quella giudiziaria e quella avviata dal ministero della Sanità.

 

Nonostante la questione dell’obiezione di coscienza non c’entri palesemente nulla, come dice persino Guido Viale, medico noto per le sue battaglie abortiste, è su questa che si è innestato un tormentone mediatico che ormai non si arresta più. Caso mai si può discutere se i medici si siano resi conto troppo tardi della gravità delle condizioni della puerpera, resta un fatto che ci sia stata l’espulsione del primo feto e l’induzione dell’espulsione del secondo. Quindi nessuno si è rifiutato di intervenire anche mettendo fine alla vita dei feti nel tentativo di salvare la vita della madre. D’altra parte l’obiezione di coscienza riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza, e qui si trattava invece di un intervento terapeutico, che peraltro tutti considerano indispensabile quando è in pericolo la vita della partoriente.

 

La stampa dà anche queste informazioni, ma solo nei lunghi testi che nessuno legge, mentre nei titoli campeggia la questione dell’obiezione, per non parlare della rete, dove è partita una campagna incessante di demonizzazione dei medici obiettori. Si tratta di una caccia alle streghe, simile a quella descritta da Alessandro Manzoni quando rievocò la caccia agli “untori” durante la peste del XVII secolo.

 

La libertà di stampa e di informazione, si dirà, ha i suoi inconvenienti, che vengono amplificati dalla estensione del diritto a intervenire di chiunque attraverso i canali elettronici. Nessuno vuole censurare o limitare la libertà di espressione, ma quello che è accaduto e continua ad accadere in questo caso è un fenomeno diverso. Si occulta o si minimizza la notizia vera e si amplificano le insinuazioni che, se sono comprensibili nelle parole di un marito scosso dalla scomparsa della moglie e dei figli, non lo sono quando a questa pratica sostanzialmente diffamatoria si dedicano fonti di informazione stampata o televisiva che dovrebbero rispondere a una minima deontologia professionale.

 

L’obiezione di coscienza nei casi di aborto volontario è un diritto riconosciuto dalla legge, ma viene presentata come una specie di perversione che causa o può causare lutti. Resta inaccettabile che venga utilizzato sistematicamente e fuori luogo per falsificare fatti a sostegno di una campagna liberticida.