L'islam (politico) sfila al Colosseo
Centinaia di islamici, venerdì pomeriggio, hanno scelto i terreni antistanti il Colosseo, a Roma, per la preghiera settimanale. Già nelle intenzioni degli organizzatori – l’associazione Dhuumcatu, a maggioranza bengalese – ciò aveva il senso di una protesta: contro la chiusura dei luoghi di culto abusivi. Alla motivazione pretestuosa – che ha spinto anche alcuni leader della comunità islamica a dissociarsi – si aggiunge una portata simbolica che non può passare inosservata.
Altri paesi europei hanno già sperimentato alcune conseguenze di lungo termine della preghiera islamica intesa come appropriazione del suolo pubblico, in termini di intimidazione e poi mancata integrazione. Per non dire del simbolismo in gioco ieri, visto che proprio il Colosseo è al centro di svariati video di propaganda dei gruppi terroristici come obiettivo da conquistare o radere al suolo. In Italia era già accaduto qualcosa di simile, quando, durante l’operazione Piombo fuso di Israele a Gaza, nel 2009, centinaia di islamici decisero di pregare nella Piazza del Duomo a Milano. Anche lì, fu preghiera tutta politica. Oggi è bene non sottovalutare questi segnali. Alle autorità il compito di non deflettere dal far rispettare la legalità, a partire dalle moschee abusive.
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