L'Unesco ci riprova
Mercoledì l’Unesco ci riprova. Dopo la risoluzione che ha de-ebraicizzato Gerusalemme, l’agenzia dell’Onu per la cultura e la scienza si riunisce nuovamente al cospetto del World Heritage Committee per rafforzare la bugia secondo cui ebrei e cristiani non hanno nulla a che fare con la città santa. “Come se si affermasse che il sole crea il buio”, ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu. La nuova risoluzione dal titolo “La città vecchia di Gerusalemme e le sue mura” e che, analogamente a quella approvata la settimana scorsa dall’Unesco, disconosce il carattere ebraico e cristiano di Gerusalemme, non vedrà l’Italia impegnata perché il comitato che vota è formato da ventuno stati di cui l’Italia non fa parte.
Sono chiamati a esprimersi Finlandia, Polonia, Portogallo, Croazia, Turchia, Azerbaigian, Corea del sud, Indonesia, Filippine, Vietnam, Kazakistan, Tunisia, Kuwait, Libano, Perù, Cuba, Giamaica, Burkina Faso, Zimbabwe, Angola e Tanzania. Non un bel parterre. Il Monte del Tempio viene chiamato nella risoluzione col nome musulmano e viene definito “luogo santo musulmano di preghiera”. Niente riferimento all’“importanza della Città Vecchia di Gerusalemme per le tre religioni monoteiste”. Netanyahu ha parlato di “un jihad diplomatico contro il popolo ebraico”. L’obiettivo, infatti, è lo stesso del fronte arabo dal 1948 a oggi: la cancellazione dello stato ebraico e la creazione di un’unica Palestina araba che comprenda anche tutta l’area oggi riconosciuta come lo stato d’Israele. Una strategia di guerra basata sulla riscrittura della storia e delle religioni.
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