Tiziana Cantone, il tribunale: “Facebook doveva rimuovere tutti i link”
Andando a ritroso, il 5 settembre il giudice Monica Marrazzo aveva emesso un'ordinanza con la quale imponeva “l’immediata cessazione e rimozione di ogni post o pubblicazione contenente immagini o apprezzamenti” relativi a Tiziana Cantone. Facebook Ireland, da par suo, aveva presentato ricorso, lamentando che il magistrato avesse “disposto un obbligo di rimozione con espressioni che suggeriscono un dovere di monitoraggio e controllo preventivo, contrario alle norme rilevanti di rango nazionale e comunitario, nonché di impossibile attuazione da parte di Facebook”.
Oggi, dunque, con un'ordinanza il tribunale ha parzialmente rigettato quel reclamo di Facebook Ireland, accogliendo però la parte in cui la società sostiene che non sussiste alcun obbligo per l’hosting provider di controllare preventivamente tutte le informazioni caricate sulla varie pagine. Andrea Orefice, avvocato di Teresa Giglio, la madre di Tiziana Cantone, parla di “pronuncia molto equilibrata perché introduce il principio, rigettando quanto asseriva Facebook, secondo cui un hosting provider, pur non avendo un generale obbligo di sorveglianza su tutto quanto viene pubblicato sui propri spazi, deve però rimuovere le informazioni illecite, quando arriva la segnalazione di un utente. È quanto avvenuto nel caso di Tiziana. E non deve attendere che il sia Garante della privacy oppure il giudice a ordinargliene la rimozione”.
Un portavoce di Facebook ha così commentato al Foglio la notizia: "Siamo profondamente addolorati per la tragica morte della Sig.na Cantone e confermiamo il nostro impegno a lavorare con le autorità locali, gli esperti e le ONG per evitare che un caso simile accada di nuovo. Non tolleriamo contenuti che mostrino nudità o prendano volutamente di mira le persone al fine di denigrarle o metterle in imbarazzo. Contenuti come questi vengono rimossi dalla nostra piattaforma non appena ne veniamo a conoscenza. Accogliamo questa decisione perché chiarisce che gli hosting providers non sono tenuti al monitoraggio proattivo dei contenuti"
Ieri sera, intanto, la procura di Napoli aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo sulle quattro persone accusate di aver diffuso i video in rete. Secondo il procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli e il sostituto Alessandro Milita non ci sono i presupposti per esercitare l’azione penale nei confronti dei quattro indagati per diffamazione. Resta ancora in piedi l'inchiesta per istigazione al suicidio.
Prima di togliersi la vita il 14 settembre, Tiziana Cantone aveva inviato dei messaggi con il suo iPhone. Per dare una svolta alle indagini, gli inquirenti vorrebbero avere accesso al telefono della 31enne, operazione impossibile senza l'aiuto di Apple: bisogna decrittare il codice. Lo scetticismo, in questo caso, la fa da padrone: nel recente passato l'azienda di Cupertino si era rifiutata di sbloccare e condividere le informazioni contenute nell'iPhone di Rizwan Farook, uno dei killer della strage di San Bernardino.
generazione ansiosa