L'assurdo del sindaco pignorato
Il caso Vincenzi: perché nessuno vuole più assumersi responsabilità
A fine novembre Marta Vincenzi, ex sindaco di Genova, è stata condannata a cinque anni nel processo per le morti causate dall’alluvione del 2011. Per i giudici la Vincenzi non chiuse le scuole nonostante fosse stata diramata un’allerta e non chiuse con tempestività le strade. Del processo si è parlato molto, perché la materia dei disastri naturali e della prevedibilità di alcuni fenomeni (come le “bombe d’acqua”, così come i terremoti) è controversa. E’ chiaro che le responsabilità, in caso di eventi naturali, sono difficili da individuare così come è difficile fare del principio di precauzione un presupposto indiscutibile nell’amministrazione pubblica.
Qui le cose sono un po’ diverse, d’accordo, l’accusa si basa soprattutto sulla presunta falsificazione di alcuni documenti per “alleggerire” la posizione della Protezione civile, ma a fare luce sulla questione saranno i prossimi gradi di giudizio. Quel che non si riesce a capire, però, è altro. E riguarda il maxi risarcimento chiesto dal tribunale da 4 milioni di euro, da risarcire in solido tra la Vincenzi, l’ex assessore alla Protezione civile Francesco Scidone e l’ex direttore alla Sicurezza Gianfranco Delponte. Da ieri è stato dato il via al pignoramento dei beni, che diverrà esecutivo entro una decina di giorni. All’ex primo cittadino verrebbero congelati il 50 per cento dell’abitazione, alcune quote immobiliari e i conti correnti. “Non possono essere i sindaci, soli, a pagare per tutto”, ha detto la Vincenti, e forse la considerazione da fare è proprio questa. Se nessuno ha più voglia di fare politica, di prendersi una responsabilità, di firmare una delibera, è anche perché a pagare, alla fine, sono sempre loro. E spesso ingiustamente.
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