Mafia Capitale senza mafia
La corte d'Appello riduce le pene a Gaudenzi, Bracci, Salvatori e Gammuto, per il quale decade anche l'aggravante di "associazione di stampo mafioso"
Pene ridotte in appello per quattro persone condannate per corruzione il 3 novembre 2015 nell'ambito del processo Mafia Capitale. Per Emilio Gammuto, collaboratore di Salvatore Buzzi, considerato uno dei capi dell'organizzazione, la corte d'Appello ha escluso l'aggravante mafiosa: dai 5 anni e 4 mesi di reclusione, i giudici di secondo grado sono passati a 3 anni riconoscendolo colpevole soltanto di corruzione. Sconto anche per Fabio Gaudenzi e Raffaele Bracci, secondo l'accusa collegati a Massimo Carminati: da 5 anni a 2 anni e 8 mesi ciascuno. Emanuela Salvatori, ex funzionaria del Campidoglio e responsabile dell'attuazione del Piano nomadi di Castel Fusano, anziché 4 anni ne dovrà scontare 3.
A Gaudenzi e Bracci era contestata l'usura ai danni di un imprenditore per un fatto avvenuto nel 2014: si fecero promettere interessi di 3.000 euro al mese a fronte di un finanziamento di 30mila euro, in pratica un tasso annuo del 120 per cento. La Salvatori e Gammuto, invece, dovevano rispondere di due episodi di corruzione distinti. Tra il 2013 e il 2014, l'ex dipendente del comune avrebbe ottenuto da Buzzi la promessa dell'assunzione della figlia “presso uno dei soggetti economici a lui riconducibili” nella gestione del campo nomadi di Castel Romano, in cambio di “informazioni sullo stato delle pratiche amministrative in corso” e di un finanziamento di 150mila euro a una cooperativa sotto la gestione dello stesso Buzzi.
Gammuto, da par suo, avrebbe concordato con Buzzi e dei suoi collaboratori “l'assegnazione di utilità” tra il 2012 e il 2013 al funzionario comunale Claudio Turella, responsabile del servizio Programmazione e gestione verde pubblico: in particolare, si fa riferimento al pagamento di 25mila dei 40mila euro promessi per l'emergenza maltempo e all'ulteriore promessa di altri 30mila euro per la manutenzione delle piste ciclabili.