La prescrizione per pedofilia e altri orrori
Il giudice che riconosce l’ingiustizia del “sistema” e il populismo penale
"Questo è un caso in cui bisogna chiedere scusa al popolo italiano”. Paola Dezani, giudice della Corte d’appello di Torino ha pronunciato queste parole annunciando il proscioglimento per prescrizione di un uomo condannato a 12 anni in primo grado per violenza sessuale su una bambina.
Fatti del 1997. Dieci anni per il primo grado. Poi è passato un tempo infinito e assurdo, altri dieci anni persi in chissà quale faldone, in attesa di un secondo grado che non c’è stato. Il presidente della Corte d’appello, Arturo Soprano, ha commentato: “Questa è un’ingiustizia per tutti, in cui la vittima è stata violentata due volte, la prima dal suo orco, la seconda dal sistema”. E’ una frase da scolpire sui muri, e soprattutto in faccia a tutti coloro (certi magistrati e giornalisti in primis) che sostengono che il “sistema” giudiziario non sbaglia mai. E va reso merito a Soprano di averla detta. Con una precisazione.
In realtà le ingiustizie sono tre.
Perché ha subìto ingiustizia anche l’imputato (la prescrizione non è “farla franca”, è una parte del diritto: ma avere un giusto processo lo è altrettanto). Inoltre – e potremmo indicarla come quarta ingiustizia – questo caso ha fatto scalpore e indignato gli stessi giudici perché si tratta di un caso di pedofilia: uno di quei reati in cui l’emotività sociale e il populismo giudiziario vorrebbero la condanna immediata e la castrazione chimica, altro che garanzie dell’appello. Ma quanti sono i casi di cittadini che per altri reati non hanno avuto giustizia, per colpa del “sistema”? Quanti imputati, colpevoli o innocenti, non hanno avuto un giusto processo? Non porsi questa domanda è un alibi che produce soltanto, giocoforza, populismo penale.
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