Toh, in Italia è diminuito l'inquinamento atmosferico
Le emissioni dei cinque principali inquinanti secondo i criteri Ue sono notevolmente scese tra il 1990 e il 2014, dice l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile
Tra il 1990 e il 2014 in Italia sono diminuite le emissioni dei cinque inquinanti più dannosi per salute ed ecosistema. Il riferimento, in particolare, è a biossido di zolfo (meno 93 per cento), monossido di carbonio (meno 69 per cento, ossidi di azoto (meno 61 per cento), composti organici volatili non metanici (meno 57 per cento) e polveri sottili PM2,5 (meno 31 per cento). È quanto emerge dal rapporto sugli effetti dell’inquinamento dell’aria presentato all’Enea, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile.
Gabriele Zanini, responsabile della divisione “Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali”, spiega che “oltre al miglioramento dell’efficienza energetica e alla diffusione delle rinnovabili, questi risultati sono stati ottenuti grazie alla combinazione di molteplici fattori: una più ampia diffusione di nuove tecnologie, limiti di emissione più stringenti nei settori energia e industria, carburanti e autovetture più puliti e l’introduzione del gas naturale nella produzione elettrica e negli impianti di riscaldamento domestici”.
I progressi sono “significativi”, ma “in Italia resta ancora alto l’impatto negativo”, aggiunge Zanini, che sottolinea il “rischio biodiversità e produttività agricola” e l'aumento “delle malattie respiratorie e cardiovascolari”. Gli obiettivi fissati dalla direttiva Nec dell'Unione (Limiti nazionali di emissioni) sono “lontani”, ma il ventaglio di soluzioni è ampio: “Un uso più efficiente della legna da ardere nel settore residenziale, l’introduzione di una dieta a basso tenore di azoto negli allevamenti o un uso più efficiente dell’urea come fertilizzante”. O, ancora, una dieta meno proteica e lo sfruttamento di mezzi pubblici meno inquinanti”. La chiave è “integrare le politiche climatiche coordinando differenti settori scientifici e gruppi di ricerca”.
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