Roma blindata, libertà minacciata
Troppa tolleranza per i cortei “autorizzati”. E la nostra sicurezza?
C’è un’immagine. C’è sempre un’immagine, uno scatto che sintetizza meglio di tante parole il senso di certi eventi. Questa è stata scattata nell’ottobre del 2011. C’è un ragazzo a petto nudo, un drappo nero a coprire il viso e il braccio teso verso l’alto mentre la sua mano abbandona un estintore lanciato in direzione del fotografo. Attorno a lui sassi e macchine in fiamme. Sembra uno scenario di guerra. E’ piazza San Giovanni a Roma.
Chi c’era ricorda bene quel giorno. Un corteo autorizzato che si snoda pacificamente per le vie del centro, gruppi di black bloc che a un certo punto si staccano, la guerriglia urbana che per ore tiene in ostaggio i romani costretti a non uscire di casa.
Domani a Roma arriveranno i capi di stato dell’Unione per celebrare i 60 anni dei Trattati europei. L’appuntamento è stato imprevedibilmente anticipato dall’ennesimo rigurgito di terrore islamista. A Londra un uomo, a bordo di un Suv, ha cercato di entrare nel Parlamento inglese dopo aver investito le persone che si trovavano sul Westminster Bridge. L’Isis ha celebrato il suo soldato che ha risposto all’appello di colpire “i cittadini dei paesi della coalizione” che sta combattendo lo Stato islamico. Lo schema è quello già visto a Nizza e Berlino. E’ la nuova normalità. Accade, commemoriamo le vittime, ribadiamo che non ci lasceremo intimidire, e torniamo alla quotidianità. Nel frattempo i governi studiano misure più efficaci per evitare che riaccada. E le nostre città, con una formula che ormai appare più che abusata, vengono “blindate”.
Ieri al Viminale il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha presieduto una riunione del comitato di Analisi strategica antiterrorismo. Al termine si è appreso che “il piano sicurezza” messo a punto per il weekend, è stato “rimodulato”. Gli agenti impegnati saranno 5 mila. Ad aiutarli tiratori scelti, artificieri, unità cinofile e droni con videocamere. Due le zone di sicurezza individuate. Una “blu” attorno al Campidoglio dove non potranno circolare le auto e sarà consentito il transito pedonale “solo agli aventi titolo”. Una verde attorno al Quirinale con stop alle macchine (dalle 7.30 di domani) ma “passeggiate libere”. Ovviamente nelle due aree non circoleranno mezzi pubblici e verranno chiuse le stazioni della metropolitana, oltre alle principali attrazioni turistiche. Insomma, per il weekend il centro di Roma si trasformerà in una prigione con cittadini costretti a chiudersi in casa o a migrare altrove.
Certo, la sicurezza prima di tutto. Soprattutto in occasione di un evento così importante che, peraltro, è stato organizzato mesi fa. Vietato quindi lamentarsi. Non fosse altro perché non capita tutti i giorni di poter ospitare i capi di stato dell’Unione europea nella nostra capitale.
Poi, però, uno scorre le notizie e le dichiarazioni. E subito si accorge di una frase: “Rischio black bloc”. Perché domani, oltre ai capi di stato, Roma ospiterà anche 30 mila persone che sono state autorizzate a manifestare. Autorizzate. Ci saranno quattro cortei e due sit-in. I partecipanti sono stati caldamente invitati a non indossare “caschi e copricapi” né “vestiario idoneo al travisamento o utile ad impedire l’identificazione”. Vietato anche “l’utilizzo di petardi o altro materiale esplodente” mentre zaini e borse saranno “tutti controllati dagli agenti”.
Questo, ovviamente, non impedisce ai “professionisti degli scontri” di infiltrarsi nei cortei. E quindi non resta altro che aspettare domani per capire se la Capitale, così come accaduto nell’ottobre del 2011, verrà messa a ferro e fuoco. Due giorni dopo i fatti di piazza San Giovanni, l’allora sindaco Gianni Alemanno decise di vietare per un mese i cortei nel centro della città. Venne criticato perché non si fermano i “violenti” vietando la libertà di espressione.
Ma come si fa a non fermare una manifestazione che, per stessa ammissione di chi gestisce l’ordine pubblico, rischia di trasformarsi in una “festa” per i black bloc? Come si possono autorizzare ben quattro cortei in un momento in cui la sicurezza dei cittadini è continuamente messa in pericolo? Distruggere macchine, guerreggiare con le forze dell’ordine, costringere un’intera città a “blindarsi” rappresentano anch’essi un attacco alla nostra democrazia. Alla nostra idea di libertà. E non possiamo continuare ad assecondare i violenti, e quelli che li fomentano dagli scranni parlamentari, per paura che possa succedere qualcosa di peggiore. Il peggio è già arrivato.