Scioperare stanca
Il flop degli scioperi ideologici della Cgil, da Serravalle a Pomigliano
Alla fine Serravalle è stata un po’ la Pomigliano di Susanna Camusso. Lo sciopero contro l’apertura nel giorno di Pasqua dell’outlet che dà lavoro a circa 2.500 dipendenti è stato un flop, su circa 250 negozi solo quattro sono rimasti chiusi. Nei giorni scorsi il segretario generale della Cgil si era presentata di persona nella grande cittadella commerciale in provincia di Alessandria per supportare la protesta di un gruppo di lavoratori contro le aperture nei festivi. In questo scontro frontale contro l’azienda le braccia incrociate sono state poche, con percentuali bassissime che ricordano le adesioni agli scioperi della Fiom di Maurizio Landini negli stabilimenti Fiat contro la rivoluzione di Sergio Marchionne. Ancora una volta uno sciopero fallimentare è stato usato non come strumento per risolvere i problemi aziendali ma come arma di propaganda politica per riaprire a livello nazionale il dibattito sulla legge che, con l’appoggio della chiesa e di tutte le forze politiche in Parlamento, dovrebbe limitare le liberalizzazioni del governo Monti obbligando i negozi a restare chiusi in 12 giorni festivi all’anno. La norma ha l’obiettivo di lasciare ai lavoratori più tempo libero, ma avrà l’effetto di spingere verso lo shopping online i consumatori che trovano le serrande abbassate. Se poi i negozi chiudono definitivamente, o hanno bisogno di meno personale, per molti lavoratori il tempo libero a disposizione sarà maggiore: non solo a Pasqua, ma in tutti gli altri santi giorni dell’anno. E’ proprio quello che i lavoratori dell’outlet di Serravalle non vogliono.
Politicamente corretto e panettone
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