I cellulari causano tumori al cervello? Per il tribunale di Ivrea sì, ma non ci sono conferme scientifiche
Con una sentenza di primo grado un magistrato piemontese ha condannato l'Inail a pagare a un ex dipendente Telecom una rendita perpetua per il danno causato. Per gli scienziati però non esistono prove sufficienti a riguardo
Con una sentenza di primo grado emessa l'11 aprile, il tribunale di Ivrea ha deciso che una esposizione continua alle onde elettromagnetiche propagate dai cellulari causa il cancro. Il caso si riferisce a un uomo, impegnato della Telecom, che si è ammalato con un tumore al cervello dopo avere usato il cellulare almeno tre ore al giorno per 15 anni per motivi di lavoro. Con la sentenza del tribunale, l'Inail è stata condannata a pagare all'uomo una rendita perpetua per il danno causato.
"Questa sentenza dice che c’è un nesso causale ed è per questo che ora chi ci governa debba prendersi la responsabilità di fare qualcosa”, ha commentato l'avvocato Renato Ambrosio. Il dibattito scientifico sui possibili effetti cancerogeni provocati da un uso prolungato dei cellulari non è nuovo. Dagli anni Cinquanta gli scienziati si interrogano sull'ipotesi che le onde radio possano causare il cancro. Un dubbio che, nonostante anni di esperimenti e test in laboratorio, ancora oggi resta irrisolto. "Non abbiamo ancora risposte definitive sulla possibilità che i cellulari causino tumori", ha detto qualche settimana fa a Wired il capo medico dell'American Cancer Society, Otis Brawley. Da Ivrea, lo stesso avvocato Ambrosio spiega che “abbiamo avuto difficoltà sul profilo medico e scientifico perché ci è stato detto che non c’erano prove che potesse creare un tumore, ma è stato detto che non si poteva anche dire il contrario". Esattamente.
Uno studio del 2016 condotto su dei topi da un team di ricercatori aveva fatto clamore. I roditori esposti a onde radio hanno sviluppato tumori, scrissero i giornali, che decisero di non sottolineare troppo alcuni limiti della ricerca compiuta, ma segnalati dal revisore dello studio, Diana Copeland Haines, dell'American College of Veterinary Pathologists. La ricerca, nota Haines, arriva alla conclusione che la correlazione tra onde radio e tumori è “considered likely” piuttosto che "definetely is". La bassa frequenza delle onde radio potrebbe essere insufficiente per potere penetrare nei tessuti umani, ben diversi da quelli di un topo. Insomma gli scienziati stessi hanno rilevato che non esistono a oggi prove sufficienti per dimostrare che le onde radio causino il cancro e che, allo stesso tempo, non esistono prove sufficienti per dire che non lo causino. L'agenzia delle Nazioni Unite IARC (è l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), sulla base dei suoi studi, ha individuato le categorie di prodotti in base alla probabilità che questi possano causare tumori.
Nel gruppo "1" rientrano quelle sostanze definite "cancerogene per gli uomini" senza dubbi scientifici. Nel 2013 l'IARC ha inserito le onde radio a bassa frequenza nella categoria "2b", che mette insieme quelle sostanze classificate come "possibilmente cancerogene per l'uomo", alla stregua del polistirolo, di alcuni sottaceti e di qualche rossetto. Oggi, finalmente, a fugare i dubbi che hanno segnato le ricerche internazionali degli ultimi decenni, pare sia stato un giudice a Ivrea.
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