Così la Cassazione difende "i valori del mondo occidentale"
La prima sezione penale ha condannato un credente della religione sikh a pagare duemila euro di multa. L'uomo portava con sé un pugnale di venti centimetri perché è un oggetto sacro per la sua fede
Per la religione sikh il pugnale kirpan è un oggetto sacro, uno dei cinque articoli di fede che indossano tutti i credenti, ma la Cassazione ha deciso che in Italia non è permesso portarlo con sé. Con una sentenza depositata oggi, un uomo indiano è stato condannato a pagare duemila euro di ammenda per essere stato trovato in possesso del coltello il 6 marzo 2013 a Goito, in provincia di Mantova, dove vive una grande comunità sikh. Nella sentenza con cui la Cassazione spiega il motivo della decisone, si legge che chi sceglie di vivere nel mondo occidentale ha "l'obbligo" di conformarsi ai valori della società nella quale si stabilisce, anche se si tratta di valori "diversi". "Non è tollerabile – recita la sentenza – che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante".
L'uomo era stato condannato a duemila euro di ammenda dal tribunale di Mantova nel 2015, perché aveva con sé il coltello sikh, lungo circa 20 centimetri. L'indiano aveva sostenuto che il coltello, così come il turbante, fosse "un simbolo della religione e il porto costituiva adempimento del dovere religioso". Per questo aveva chiesto alla Cassazione di non essere multato e la sua richiesta era stata condivisa dalla procura della Suprema Corte, che aveva chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna. Secondo la prima sezione penale della Suprema Corte, invece, "è essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina". Il verdetto aggiunge che "la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto".