Le ong si ribellano alle regole del governo sui migranti
Il codice di condotta firmato solo da Save the Children e Moas, no di Msf e Jugend Rettet che non accettano poliziotti armati a bordo
Delle nove ong che operano nel Mediterraneo e che sono impegnate nel salvataggio di migranti, solo quattro si sono presentate all'appuntamento al Viminale previsto per lunedì pomeriggio. Di queste, soltanto due, Save the Children e Moas, hanno firmato il codice di condotta per le attività in mare delle organizzazioni non governative e voluto dal ministro dell'Interno Marco Minniti. "Save the Children ha deciso di firmare il codice per le ong impegnate nel salvataggio dei migranti in mare perché gran parte delle cose che prevede noi già le facciamo", ha detto il direttore generale di Save the Children, Valerio Neri, al termine dell'incontro al ministero. "L'unico punto che per noi rappresentava una criticità – ha spiegato Neri – era quello che introduce il divieto di trasbordare i migranti da una nave a un'altra ma questo si è risolto con il ruolo che svolgerà la Guardia costiera. Mi spiace che altre ong non abbiano deciso di sottoscrivere questo codice", ha aggiunto Neri. Le altre due organizzazioni presenti al Viminale, Jugend Rettet e Medici senza frontiere, hanno rifiutato di firmare. "Abbiamo deciso di non firmare questo codice. Potevamo firmare soltanto nel caso in cui le nuove norme rendessero più efficiente il nostro lavoro e aumentassero la sicurezza dei nostri volontari", ha detto il rappresentante di Jugend Rettet, Titus Molkenbur. "In nessun paese in cui lavoriamo accettiamo armi nelle strutture", ha detto il direttore generale di Medici senza frontiere, Gabriele Eminente.
Il nodo decisivo, quello che ha spinto le organizzazioni a non sottoscrivere l'intesa, è una delle 13 norme previste dal codice, quella che impone la presenza di agenti della polizia armati a bordo delle navi delle ong per condurre indagini sul traffico di esseri umani. Il governo, su questo punto, non ha voluto discutere mentre le ong rivendicano di non potere tollerare la presenza di uomini armati durante lo svolgimento delle attività di salvataggio. Nei giorni scorsi la discussione tra le parti aveva portato alla risoluzione di altri punti controversi, come quello sul divieto di trasbordo dei migranti da una nave all'altra. Il Viminale aveva aggiunto la postilla, "eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo e sotto il suo coordinamento, basato anche sull'informazione fornita dal capitano della nave". Ma non bastato per convincere le ong a firmare.
Intanto, è previsto per domani il voto in Parlamento sul piano del governo italiano per limitare le partenze dei barconi dalle coste libiche. Ma se da una parte le ong hanno rifiutato il codice di condotta, dall'altra contestano anche le nuove misure che prevedono l'impiego di sei navi militari italiane all'interno delle acque territoriali libiche per intercettare barconi e rispedirli indietro. "Invece d'inviare navi per salvare vite umane e offrire protezione a migranti e rifugiati disperati, l'Italia si sta preparando a mandare navi da guerra per respingerli in Libia", ha dichiarato John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l'Europa. Secondo Amnesty, la Libia rimane un paese estremamente insicuro per i migranti e i rifugiati. Ma i dati del Viminale diffusi la settimana scorsa dicono che se gli sbarchi dei migranti nell'ultimo mese sono diminuiti (10.423, contro i 23.552 del luglio 2016) si deve all'attività più incisiva della Guardia costiera libica che impedisce la partenza verso le coste italiane.
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