L'intercettazione non deve girare
Il senso della patonza e il senso del giornalismo erotico che si spaccia per eroico
L’attacco dell’articolo di Repubblica che parla del “giro di vite” sulle intercettazioni, del decreto che “limita la libertà di stampa”, insomma del nuovo “bavaglio”, è memorabile. Eccolo. “Ci sono intercettazioni che hanno svelato il lato oscuro del potere. ‘La patonza deve girare’, dissertava al telefono l’ex premier Berlusconi”. Uno s’immagina i nastri di Nixon nel caso Watergate e invece la pietra miliare della libertà di stampa è la “patonza” delle Olgettine nelle cene eleganti. Si comprende che il tema abbia una certa rilevanza per chi ha fatto della presenza di un premier a una festa di compleanno di 18 anni il proprio Watergate giornalistico con le famose “dieci domande”. Ma pensare che “svelare il lato oscuro del potere” sia mostrare la “patonza” sui giornali vuol dire non avere senso del ridicolo. Il nuovo decreto non impedisce di dare conto delle indagini né di descrivere cosa accade tra le pieghe del potere, ma vieta ai magistrati di riprodurre integralmente le conversazioni intercettate. Al loro posto un riassunto del contenuto.
I giornali potranno continuare a raccontare cosa accade nelle cene eleganti, chi sono gli invitati, quali sono le accuse. Ma non avranno a disposizione paginate di virgolettati succulenti dal punto di vista voyeuristico ma spesso penalmente irrilevanti, o di terze persone finite casualmente nell’indagine. Rep. dice che in questo modo non potremo leggere intercettazioni importantissime e che hanno cambiato la storia d’Italia. Non solo la patonza, ma anche ad esempio la “sguattera del Guatemala”, uno sfogo privato e personale di una persona non indagata, l’allora ministro Guidi, in un procedimento poi archiviato. Oppure, dice Rep., non avremmo avuto la frase di Ricucci sui “furbetti del quartierino”, che ha semplificato la vita di molti titolisti. Oppure non sapremmo che secondo Carminati la “droga rende meno dei migranti”, anche se è una sciocchezza. Dice Rep. che non avremmo avuto l’intercettazione di Matteo Renzi con Adinolfi in cui definisce Enrico Letta “incapace” (anche se non era proprio un segreto, che la pensasse così). Questo è “svelare il lato oscuro del potere”? Rep. cita poi l’intercettazione del caso Consip tra Renzi e il padre Tiziano (“Babbo non ti credo”) facendo una confusione totale, visto che quelle conversazioni non sono mai state depositate. E’ civile riportare conversazioni private o addirittura, come è avvenuto sempre nel caso di Tiziano Renzi, pubblicare intercettazioni tra un indagato e il proprio avvocato? Forse è il caso che la stampa italiana rifletta sul proprio ruolo, sulla confusione che si è fatta tra giornalismo d’inchiesta e pubblicazione delle inchieste sui giornali. Nelle redazioni le intercettazioni girano troppo, più della patonza nelle cene eleganti.