Raggi, la mozione non ha voce
Un voto in Consiglio impegna il sindaco di Roma a fermare il Ceta. Risate
Da due giorni il Ceta, il trattato di libero scambio tra Unione europea e Canada, è entrato in vigore ma solo in via provvisoria. Per essere pienamente operativo, dovrà essere ratificato da ogni Parlamento e in Italia il testo arriverà al Senato il prossimo 26 settembre. Da un lato c’è una maggioranza pro Ceta che, come su altri temi rilevanti, è trasversale ed è composta da Pd, Forza Italia e partiti centristi. Dall’altro un variegato fronte anti Ceta che va da Lega a M5s, da FdI a Sinistra italiana. La novità è che si sono aggiunti anche i comuni, che hanno iniziato ad approvare delle inutili mozioni contro la ratifica del trattato internazionale. Un po’ come si faceva con le mozioni contro la guerra e la fame nel mondo o per definirsi “città denuclearizzata”.
Capofila di questa inutile iniziativa non poteva che essere la Capitale: il comune di Roma ha approvato una mozione che impegna la sindaca Virginia Raggi “a contrastare, in ogni sede istituzionale, l’accelerazione della procedura di approvazione e la ratifica finale del Ceta. Il testo è passato con una maggioranza trasversale, quasi all’unanimità, con 26 voti a favore e solo uno contrario (l’eroico Pelonzi del Pd). Tralasciando il fatto che il sindaco di Roma dovrebbe forse impegnarsi per problemi più concreti che riguardano la città, tipo i trasporti, i rifiuti, i debiti e il decoro. Forse sarebbe il caso di dare retta più che ai populisti protezionisti ai veri difensori del made in Italy: i produttori, che non a caso sono favorevoli al Ceta. D’altronde l’Italia è l’ottavo fornitore mondiale del Canada, con un interscambio di 5 miliardi di euro, che aumenterà grazie al Ceta. C’è qualcosa di più insensato dell’opposizione a un trattato di libero scambio per un paese esportatore come l’Italia? Forse sì, farlo con una mozione comunale.
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