Perché sull'immigrazione Papa Francesco dice una cosa interessante
Per il Pontefice l’accoglienza un dovere riservato alle persone, non alle comunità. E sono gli immigrati a dover conoscere, riconoscere e rispettare le regole dei paesi cui chiedono accoglienza
Celebrando la messa per la giornata dei migranti, il Papa ha sviluppato un ragionamento interessante. Il suo appello all’accoglienza, ovviamente ribadito anche in quest’occasione, è accompagnato dalla comprensione per le paure di chi teme che la convivenza con persone provenienti da lontano a legate a mentalità e tradizioni diverse possa corrompere l’equilibrio sociale e, soprattutto, da un fermo invito agli immigrati a “conoscere, riconoscere e rispettare le leggi la cultura e le tradizioni dei paesi in cui sono accolti”.
In sostanza si considera l’accoglienza un dovere riservato alle persone, non alle comunità: non è una distinzione da poco, è quella sulla quale si sono confrontate le diverse teorie e le politiche concrete di integrazione che hanno seguito modelli diversi. Il modello intercomunitario, prevalente a lungo per esempio in Gran Bretagna, punta a realizzare una convivenza tra gruppi etnici o nazionali in qualche modo autoorganizzati. Da lì sono venuti tanti problemi, a cominciare da quello della difficile compatibilità tra i principi di laicità dello stato e quelli della sharia islamica. C’è stato anche in Francia un lungo dibattito sulla necessità di allargare le maglie dei principi di laicità (e in Francia di laicismo) per consentire l’integrazione dell’immigrazione maghrebina.
È in questo confronto che entra Francesco: sono gli immigrati a dover conoscere, riconoscere e rispettare le regole dei paesi cui chiedono accoglienza. Siccome si tratta di paesi di tradizione cristiana, tradizione dalla quale nasce soprattutto il principio di libertà e inviolabilità della persona, l’invito del pontefice è a rispettare questo principio e le legislazioni che ne interpretano il valore in forme giuridiche specifiche. Si riconosce che sia giustificata la paura dell’immigrazione proprio perché si teme che essa avvii un processo di destrutturazione dei sistemi politici, culturali e civili dell’occidente cristiano. Si tratta di una specificazione che naturalmente rifluisce poi nell’invito a cercare l’incontro con le persone, ma appunto con persone, non con concezioni alternative a quelle occidentali e con comunità che puntano ad autogovernarsi al di fuori delle regole comuni. Una precisazione di grande interesse.