Un omicidio è solo un omicidio
Più che la “razza” del killer, sarebbe utile guardare il movente, e due dati
Un omicidio è un omicidio e che a commetterlo sia stato un uomo bianco, nero o giallo non cambia la sostanza del grave crimine commesso. E’ sempre un omicidio. Eppure l’impatto mediatico è diverso: quando il killer che fa a pezzi una qualche ventenne italiana è un nigeriano, al solito allarme sulla mancanza di sicurezza nelle nostre città, si accompagna la richiesta corale di sigillare le frontiere e di rispedire qualche migliaio (o centinaia di migliaia) di profughi nei poco confortevoli campi libici. Prime pagine di giornali pensate ad hoc, talk-show sul pericolo incombente, milizie fai-da-te pronte a scendere in strada. Anziché guardare la “razza” dell’assassino, sarebbe più utile indagare il movente, le ragioni ideologiche – che ci sono, si pensi solo ai tentati omicidi di sabato mattina a opera del bianco di Macerata, fascista purosangue tendenza Salvini – del crimine. Anche perché i numeri smentiscono ogni correlazione tra l’aumento dell’immigrazione e i reati commessi. Lo dicono l’Istat, il ministero dell’Interno, la Commissione europea: tra il 2007 e il 2015, il numero degli stranieri in Italia è salito da 3 a 5 milioni, mentre le denunce di delitti (i delitti sono i reati più gravi, non le contravvenzioni) sono passate da 2,9 a 2,6 milioni. Gli omicidi non sono mai stati così pochi dal 1861, anno dell’Unità d’Italia. L’allarme sul barbaro alle porte che minaccerebbe “tua madre, tua sorella, tua moglie o tua figlia” (vedasi manifesto di Forza Nuova, tanto per restare in tema revival ideologico estremista) è dunque quantomeno fortemente esagerato, per non dire basato sul nulla.