Appia Antica? No, vecchia e statale
Per Montanari i disastri sono colpa dei Benetton, anche se loro non c’erano
“Sembra quasi che all’Appia Antica si voglia far pagare il no di quattro anni fa alla Società Autostrade”, scrive sul Fatto il visionario dei beni culturali, Tomaso Montanari. La Regina viarum va a pezzi, ma la colpa non è dello stato incapace, è di quei furboni dei Benetton, ovviamente, che volevano metterci le mani allo scopo di “ripulire la propria immagine associandola alla Grande Bellezza”.
Il progetto cui avrebbe partecipato Autostrade, ai tempi di Expo 2015, prevedeva un investimento per migliorare le (penose) condizioni della storica arteria nei pressi di Roma: tra cui limitazioni al traffico e varchi riservati ai residenti, autovelox e una riqualificazione dei percorsi, anche ciclabili. Non esattamente una devastazione. Ma ci fu una sollevazione delle “associazioni e dei cittadini” (gli eroi di Montanari) per non “lasciare a chi ha il monopolio delle scelte infrastrutturali del paese anche l’Appia”. L’operazione “Grand Tour” fu affossata ma, scrive ora Montanari, “la vendetta dei vertici del ministero di Dario Franceschini” fu tremenda e assunse le forme della “più totale inerzia”. Davvero si può ragionare così? Fatta fuori Autostrade, ora che l’Appia è tornata a essere (nominalmente) un monumento, un polmone verde che si incunea nel centro di Roma, al riparo dalle brame dei signori dell’asfalto, si scopre che i già “risicatissimi mezzi” dello stato sono finiti (sempre colpa del “dissennato spezzatino” di Franceschini). Mancano i fondi e rischia di crollare anche qualche pezzo dell’Acquedotto Claudio. Ma, ovviamente, la colpa non è della mentalità statalista che non sa integrare il contributo dei privati nella tutela del territorio, e svolgere un legittimo controllo. No, la colpa è sempre dei privati che volevano speculare. Anche se dall’Appia non sono mai passati.
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