L'auto inquina? Me ne frego
Lo scandalo Dieselgate non ha cambiato le abitudini d'acquisto dei tedeschi. Incide di più l'imbarazzo della politica, che si barcamena tra divieti alla circolazione e tutela dell'industria
I tedeschi non si sono fatti influenzare dal Dieselgate, né dalle inchieste legate alle emissioni delle loro auto. Lo scandalo che ha rivelato come le maggiori compagnie automobilistiche in Germania truccavano i dati relativi all'inquinamento non ha prodotto alcun cambiamento significativo. Anzi, secondo Politico.eu, i cittadini tedeschi hanno continuato a comprare macchine e i profitti delle aziende incriminate (Volkswagen, Porsche, Mercedes, Bmw) sono cresciuti a livelli record.
Anche la notizia di questa settimana, secondo cui la Commissione europea sospetta una collusione tra le aziende auto per ostacolare lo sviluppo di nuove tecnologie contro le emissioni, difficilmente cambierà la percezione dei cittadini. I tedeschi, infatti, sembrano ignorare le responsabilità delle aziende automobilistiche mentre sono piuttosto preoccupati da quello che a riguardo stanno facendo i politici.
Questa storia racconta un paradosso dell'ambientalismo tedesco. I tedeschi si vantano spesso di essere al passo con i tempi su tutte le questioni ecologiche, ma sulle macchine hanno un approccio completamente opposto. Dagli anni '90, in Germania, c'è stato una costante diminuzione delle emissioni, ma l'inquinamento delle auto, che costituisce il 20 per cento del totale, è leggermente aumentato.
I politici tedeschi rispecchiano in pieno le contraddizioni di questa situazione e hanno reagito agli sviluppi del Dieselgate con qualche affanno, schiacciati tra l'esigenza di dare risposte a chi chiede norme stringenti sull'inquinamento atmosferico e chi, invece, di tutelare l'industria automobilistica nazionale. Il ministro dei Trasporti, Andreas Scheuer, di recente è scappato dal retro di una sala conferenze a Berlino per evitare di rispondere alle domande dei cronisti. Poco dopo ha pubblicato un video messaggio in cui ha attaccato le compagnie automobilistiche straniere. “Sulle strade tedesche non vedo solo macchine tedesche – ha detto Scheuer – Per questo chiedo alle compagnie straniere di contribuire al dibattito”. Il ministro della Csu, la costola bavarese del partito di Angela Merkel, ha aggiunto che “non è giusto che le aziende tedesche debbano osservare le regole sul diesel mentre i produttori stranieri possono evitare di prendersi le loro responsabilità”.
Per Scheuer è difficile trovare una via di uscita. I più importanti stabilimenti dell'Audi e della Bmw si trovano in Baviera, dove tante piccole e medie imprese sono legate all'industria dell'auto. Il prossimo 14 ottobre ci saranno le elezioni federali, in cui il partito di Scheuer rischia di perdere la maggioranza a favore dell'Afd.
I limiti alla circolazione ad Amburgo, Stoccarda e Francoforte – introdotti dopo che la Corte amministrativa federale di Lipsia si è pronunciata sull'autonomia delle città di prendere queste decisioni – sono un incentivo per fare adeguare le vetture agli standard ambientali. Tuttavia, c'è chi sostiene che le aziende automobilistiche debbano pagare i costi di ammodernamento a chi ha comprato i vecchi modelli. Scheuer è contrario all'idea perché costerebbe caro all'industria e sarebbe difficile da mettere in pratica. La scorsa settimana Angela Merkel ha chiesto al suo ministro di risolvere questo problema il prima possibile, ma sarà dura. La politica fatica ad adottare una linea intransigente contro la lobby delle aziende automobilistiche, ma molti critici pensano che una legislazione troppo morbida nei loro confronti abbia causato la crisi attuale.
Le aziende automobilistiche rappresentano un quarto (400 miliardi di euro) della produzione industriale annuale della Germania e compreso l'indotto danno lavoro a quasi due milioni di persone. Ma è difficile che la politica possa agire finché i giganti delle automobili non verranno percepiti come un problema dai tedeschi.