Leda, il cigno e la tossica mascolinità
Il dipinto ritrovato a Pompei è un bel promemoria per il #MeToo
All’ingresso della domus di Pompei dove è stato ritrovato il dipinto di Leda e il cigno di cui parliamo e scriviamo, appassionatamente, da due giorni, l’estate scorsa ne era stato scoperto un altro. Raffigurava Priapo nell’atto di misurarsi le parti intime. Maschiaccio tossico impenitente sporcaccione molesto? Non esattamente.
E’ un’immagine piuttosto comica e, se volete, anche un po’ disperata. Al pari di quella di Zeus che per un’ora d’amore con Leda si trasforma in cigno e lascia che lei, mortale, gli tenga (tarpi?) le ali, e così eserciti, su di lui e sul suo desiderio, controllo e dominio, poiché le ali sono il simbolo della tracotanza sessuale maschile (lo ha spiegato perfettamente Silvia Ronchey su Repubblica, aggiungendo che “il cigno di Leda è quanto di più lontano da una concreta presenza animale” e quindi, quello rappresentato, è un mito che per una volta assolve Zeus dalla sua fama di stupratore).
Da Leda nascerà Elena, la capostipite delle femme fatale, la più pericolosa, l’unica al mondo capace di scatenare una guerra per amor suo e della sua bellezza. E’ affascinante che, sui muri della stessa casa, siano stati rappresentati due sberleffi alla mascolinità: nel primo, il Priapo che si pesa, lo scherno è rivolto allo sbraco erotico e all’ossessione per le misure; nel secondo, Leda e il cigno, viene chiarito lo stato di minorità, debolezza e vulnerabilità in cui la brama carnale può ridurre un maschio, anche se dio, anche se immortale: uno stato che una donna, se abile, può rivoltare a proprio vantaggio (“quello di Leda è il contrario di uno stupro”, ha scritto Ronchey). A commissionare i due dipinti fu il proprietario della domus, che era probabilmente un commerciante, quello che oggi chiameremmo un borghese. L’antica Roma sarà stata pure patriarcale e sessista, ma almeno aveva capito che le prime vittime dell’intossicazione da virilità erano (sono) i maschi. Caro #MeToo, prendi appunti, vai in gita a Pompei.
generazione ansiosa