La monnezza è il culto della decrescita
Il disastro dei rifiuti a Roma è figlio di una guerra contro efficienza e tecnologia
La crisi dei rifiuti di Roma – oggetto ieri di un vertice tra comune, regione e governo per fronteggiare l’emergenza – è figlia della resistenza politica e culturale contro l’efficienza e la tecnologia. Si tratta di un problema che nasce da lontano e che non può essere imputato alla sola Virginia Raggi, ma che l’incompetenza della sindaca, le tare ideologiche della sua maggioranza e il degrado della città hanno fatto deflagrare.
Una parte della soluzione non può che venire dalla realizzazione di almeno un impianto per la termovalorizzazione dei rifiuti: per quanto si prema sull’acceleratore della raccolta differenziata, una parte di essi dovrà necessariamente essere smaltita. La scelta è se farlo traendone un beneficio (la produzione di energia) e riducendone il volume, oppure se limitarsi allo stoccaggio in discarica (che le norme ambientali europee indicano come l’extrema ratio, ma che agli “ambientalisti” del M5s deve sembrare una splendida idea).
Ma c’è un altro aspetto.
Il disastro nella gestione romana dell’immondizia è anche conseguenza dell’inefficienza della municipalizzata Ama. Per trattare i rifiuti, Ama spende circa 400 euro a tonnellata: quasi il triplo della best practice italiana, il Friuli Venezia Giulia, a cui sono sufficienti 150 euro a tonnellata. Se i costi di gestione fossero gli stessi, i cittadini romani avrebbero un tesoretto pari a circa 300 milioni di euro all’anno. Anche tenendo conto della maggior complessità di una realtà come quella della capitale, e dimezzando i risparmi teorici, gli extracosti inflitti da Ama alla collettività possono essere stimati nell’ordine di 100-150 milioni di euro all’anno. Si tratta di risorse importanti che potrebbero essere utilizzate per finanziare gli investimenti necessari o per potenziare il servizio. Lasciare le cose come stanno è qualcosa di più di un’offesa ai cittadini romani e ai turisti, che devono convivere da anni con un ambiente indegno di un grande paese occidentale. Solo mettendo il servizio a gara si può rompere questo circolo vizioso. Mantenere le scandalose inefficienze di Ama è una precisa scelta politica: pur di mantenere il serbatoio elettorale dell’azienda pubblica, al diavolo i romani!