Cercare giustizia senza sciacallaggio
Un incidente a Roma, i titoli dei giornali, la rimozione della pietà
Camilla Romagnoli e Gaia Von Freymann, sabato notte, sono state investite mentre attraversavano la strada, in Corso Francia, a Roma. Sono morte entrambe. Erano compagne di scuola, e amiche. Avevano sedici anni. Il ragazzo che guidava l’automobile che le ha travolte, e che è ora indagato per omicidio stradale, si chiama Pietro Genovese, ha vent’anni, ed è risultato positivo al narco-alcol test cui è stato sottoposto subito dopo l’incidente. Non sono ancora state individuate le altre auto, forse tre, che le hanno investite. Un dettaglio non trascurabile, e tuttavia trascurato nel racconto del fatto, è che le ragazze hanno scavalcato il guard rail e hanno attraversato, nonostante non fossero sulle strisce e il semaforo fosse rosso per i pedoni.
Sui giornali sono riportati con parecchia enfasi altri particolari: nome, cognome, professione del padre del ragazzo (il regista Paolo Genovese) e la scuola in cui ha studiato (il liceo classico Mameli) e quali e quante altre volte è stato trovato con hashish in tasca per uso personale; com’erano vestiti gli amici di Gaia e Camilla (“felpe troppo larghe”) e quanto e come piangevano raccontando l'accaduto; il bene che le ragazze si volevano; i bei voti che prendevano a scuola; le frasi disperate dei genitori. La Repubblica, oggi, ha titolato: “Travolte a sedici anni. Autista drogato”. La narrazione che segue, su Repubblica così come su quasi tutti gli altri quotidiani, è del tutto pertinente: è un processo, con tanto di sentenza. Un processo che non solo sacrifica la verità, ridimensionandola e modellandola in favore di quello che più ci colpisce (non che sono morte due persone, ma che sono morte due sedicenni ammazzate da un ventenne ubriaco di buona famiglia), ma che ci aizza, ci fa condannare preventivamente, ci educa al linciaggio anziché alla compassione e se volete anche alla pietà. Sarebbe potuta accadere a chiunque, forse, magari persino in una strada meno accidentata, buia, trascurata, non controllata come quella di Roma. Ma tra chiedere giustizia e farsi giustizia una differenza ci dovrebbe ancora essere.
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