Un colpevole per Zanardi
Anche davanti alla tragedia è partita la caccia al capro espiatorio
Se la ricerca del colpevole a ogni costo fosse una disciplina olimpica, l’Italia probabilmente si vedrebbe assegnata la medaglia d’oro per manifesta superiorità. Siamo pur sempre il paese di Piercamillo Davigo che, dall’alto della sua cattedra, ci ha più volte spiegato come non esistano “innocenti ma solo colpevoli non ancora scoperti”. Sarà per questo che, anche davanti alla tragedia che vede protagonista Alex Zanardi, tra i messaggi di speranza, gli attestati di stima, il sostegno pubblico e privato alla moglie, si è subito insinuato il tarlo della domanda più subdola. Non quella sulle condizioni di salute del campione ancora sospeso tra la vita e la morte, ma quella di chi, pur condividendo il dolore per ciò che è accaduto e l’ansia per ciò che potrebbe accadere, prova a trovare un capro espiatorio. Di chi è la colpa? Del sindaco che non ha chiuso la strada? Di un errore del camionista? Degli organizzatori della corsa? O peggio ancora è stato, come titolava un quotidiano domenica mattina, “l’errore fatale di Zanardi”?
Ci sfugge come l’identificazione di un colpevole, sia pure lo stesso Zanardi, possa aggiungere o togliere qualcosa a ciò che è accaduto. Non fosse altro perché, col passare delle ore, l’impressione è che si sia trattato di una fatalità (magari provocata da un problema meccanico, da una rottura improvvisa della handbike). Eppure c’è chi non riesce a rassegnarsi. L’impossibilità di controllare fino in fondo ogni aspetto della nostra vita, in primis la nascita e la morte, è di per sé inaccettabile. Il fatto che possano accadere cose che non decidiamo e governiamo noi, a volte persino inspiegabili, non è allettante come un innocente da colpevolizzare o un colpevole non ancora scoperto. E allora, che la caccia abbia inizio.
I guardiani del bene presunto