Fede... rico
Già dal nome avrei dovuto intuire chi era quel quarantenne un po’ panciuto che il capo aveva deciso di infilare nel mio ufficio come nuovo compagno di lavoro. Fede-rico . Letteralmente ricco di Fede. Quando si dice “ nomen omen”. Perché Federico è un credente; anzi di più. Federico è un neo-catecumenale, cioè uno appartenente alle comunità neocatecumenali.
Già dal nome avrei dovuto intuire chi era quel quarantenne un po’ panciuto che il capo aveva deciso di infilare nel mio ufficio come nuovo compagno di lavoro. Fede-rico . Letteralmente ricco di Fede. Quando si dice “ nomen omen”. Perché Federico è un credente; anzi di più. Federico è un neo-catecumenale, cioè uno appartenente alle comunità neocatecumenali. Per intenderci quelli che hanno intrapreso il “cammino di fede ” secondo i dettami di Kiko Arguello; uno pittore spagnolo che disegna madonne stilizzate (ops icone) e dice che per essere veri cristiani bisogna ripercorrere il percorso di catecumenato (una specie di apprendistato) che i primi cristiani compivano prima di arrivare al battesimo. E dove diavolo lo va a mettere il capo uno così? Nel mio ufficio, ovvero a lavorare otto ore al giorno insieme all’ateo più sinistroide e mangiapreti di tutta l’azienda. Una punizione per le mie idee eccessivamente anarcoidi e l’impegno coi Cobas? Un tragico scherzo del destino? Un esperimento ideologico-religioso commissionato dalla Congregazione della Fede? Oppure era solo la disperazione del capo che non era riuscito a trovare una soluzione decente per gestire la “palla di fuoco” Federico ?Infatti Federico di compagni di lavoro ne aveva già testati parecchi nei mesi precedenti. E tutti (dico) tutti, pur credenti e romanamente cristiani, dopo poche settimane si erano sentitamente rotti i cadasisi (per dirla alla Camilleri) di Federico, delle sue prediche apocalittiche e delle nenie religiose profuse dal suo stereo ogni santa (pardon diabolica ) mattina. E Federico non c’ha messo tanto a mettere le cose in chiaro pure con il sottoscritto. Alle ore otto e dieci del primo lunedì di convivenza lavorativa il suo famigerato stereo grunding ha esploso il grido di battaglia mattutino ovvero lo Shema’ Israel ; una preghiera-canzone che invoca all’ascolto della parola di Dio: Ascolta, le parole, le parole del Signore….Shemà…..Shemà Israeeel. Per me equivaleva ad una dichiarazione di guerra bella e buona. Non l’avrei lasciata passare liscia a quel baciapile integralista cattolico amico di B&B ( Binetti e Bertone) che tra l’altro fino a qualche anno prima era pure di sinistra (Veltroniano per la precisione. Yes we can e I car inclusi). Ma avrei atteso con calma e sangue freddo il momento adatto. Prima l’avrei lasciato sfogare. Avrei fatto credere al sanculotto che poteva convertirmi. Avrei lasciato che montasse contro di lui l’insofferenza di tutti gli altri. Tutti quelli che “io sono credente ma non praticante”, tutti quelli che “tu non vai bene perche sei un ateo comunista e l’Italia è un paese cattolico ma Federico è troppo”, tutti quelli che “era meglio il Papa di prima, perché questo tedesco non è simpatico” tutti quelli che “si va bene quello che dici tu, ma anche no” . Perché in Italia siamo tutti cattolici,socialisti,fascisti,comunisti ma fino ad un certo punto. E Federico è rimasto fedele al suo copione. Tanti Shema Israel per tante mattine. Tanti Kiko Arguello che, accompagnati dalla chitarra, invitavano alla resurrezione e alla rinascita come sottofondo al lavoro pomeridiano (sempre profusi dallo stereo maledetto, ops benedetto). Tante prediche sulla società corrotta materialista ed incapace di ascoltare la parola di Dio e sulla sofferenza come viatico per raggiungere la vera salvezza. Tanti sermoni su Satana che è presente pure nella Chiesa e ne corrompe le intenzioni(Cardinal Martini cosa hai combinato alla diocesi di Milano?). Tanti inviti alla conversione per me : “tu non lo sai ma anche per te il Signore ha in mente grandi cose, anche se sei ateo e comunista. Devi solo aprire il tuo cuore”. Tanti discorsi sulla necessita di far nascere “una nuova generazione di politici cattolici” (perché non bastavano quelli della vecchia generazione?).
Finché il grande giorno è arrivato. Sui giornali la notizia che aspettavo “ Preti pedofili. Nuove accuse a Rantzinger dagli Usa: aveva coperto sacerdote pedofilo”. L’ho affrontato al bar aziendale, durante la pausa caffè delle dieci e di fronte a tutti i colleghi per prendermi la mia rivincita ed umiliarlo (come diceva Gramsci”conquista dell’egemonia culturale”) a prescindere dai fatti storici dimostrati e dalle leggende metropolitane. Gli ho rinfacciato tutto (l’ipocrisia della Chiesa cattolica che combatte l’aborto ma copre i pedofili. Marcinkus e lo Ior. L’ingerenza del Vaticano nella politica italiana. Papa Giovanni Paolo II che si affaccia a Santiago del Cile con Pinochet. De Pedis seppellito nella basilica di Sant’Apollinare) e lui non ha saputo difendersi. E come poteva del resto? Quando ci sono di mezzo i bambini? Hai voglia a dire che un conto è la giustizia umana ed un conto quella divina. Glielo ho pure urlato in faccia : Preoccuparsi della buon nome della chiesa. Mentre duecento poveri bambini sordi finivano nelle mani di quei mostri in abito talare .Mentre glielo dicevo mi guardavo intorno e vedevo gli occhi compiaciuti di tutti gli altri colleghi felici di vedere qualcuno infierire (al posto loro che non avevano il coraggio) su Federico: su quello che gli ricordava che la croce che portavano al collo non era un semplice amuleto ma il simbolo della loro fede e della passione di quel Cristo che dicevano di amare; su quello che li invitava a non fare i moralizzatori con i peccatori prima di aver visto il peccato dentro la loro anima ; su quello che li invitava al perdono ed alla misericordia; su quello che li invitava ad abbandonare l’odio e l’ira; su quello che gli ricordava che la fede come la rivoluzione non è un pranzo di gala o una moda ma richiede sacrificio e coerenza. Erano gli occhi degli stessi colleghi che avevo visto prendere entusiasti la tessera della democrazia cristiana e del partito socialista e poi inneggiare alle manette di Di Pietro e Borrelli. Quelli che avevo visto chiedere pensioni e sussidi allo stato centrale e poi inneggiare alla devolution ed al federalismo. Quelli che andavano a Natale a messa e si commuovevano di fronte al Papa polacco morente ma poi era più importante l’amante,il Suv e la casa a Capalbio. Quelli che “siamo tutti cristiani ma i clandestini meglio chiusi nel CPT” . Quelli che la Chiesa va bene coi missionari in Africa ma not in my back yard (soprattutto la domenica mattina). Quelli che “è giusto esportare la democrazia in Iraq con i soldati basta che non che non ci sia mio figlio che è laureato e deve avere il lavoro vicino casa”. Quegli sguardi duri e quei volti beffardi mi hanno aperto la mente. Non ci ho pensato nemmeno un secondo. Ho abbracciato Federico chiedendogli scusa. Il mostro ero io che facevo il fustigatore per conto terzi; quelli che non decidono e non prendono posizione perché è più comodo stare a guardare e tirare a campare. Anzi no. Gli altri erano mostri. Io e Federico eravamo umani. Troppo umani; con tutte le nostre debolezze e i nostri dubbi. Ma desiderosi di andare oltre la banalità di un’esistenza fatta solo di valori mostrati e non vissuti fino in fondo. Desiderosi di svegliarsi la mattina e non voler pensare solo al rigore regalato all’Inter o scaricare le foto do Corona e Belen nudi alle Maldive. Convinti che un momento di riflessione o preghiera valga di più di un’ora di straordinario retribuita. Desiderosi di uscire dal questo nulla che ci avvolge fatto di ipocrisie e indifferenza.
Il Foglio sportivo - in corpore sano