Così il politicamente corretto distrugge il meglio dell'umorismo americano, dice Seinfeld
La comicità americana è gravemente malata di politicamente corretto, e per Jerry Seinfeld non si può più lavorare così. Seinfeld è uno dei più famosi comici americani, autore e protagonista della serie televisiva “Seinfeld”, enorme successo degli anni Novanta e prototipo della sit-com come la conosciamo oggi. Senza “Seinfeld” non esisterebbero “Friends”, “How I met your mother”, “The big bang theory”. In seguito Seinfeld non ha più ricoperto ruoli altrettanto importanti, ma resta uno dei comici più conosciuti e amati d’America, ha un programma di interviste online molto seguito su YouTube, e quando la scorsa settimana ha attaccato l’impazzimento per il politicamente corretto dell’America, lo scandalo è stato notevole. Quando Colin Cowherd gli ha chiesto, intervistandolo alla radio di Espn, se il politicamente corretto danneggi la comicità lui ha risposto: “Sì”, deciso. “Io non faccio spettacoli nei college, ma sento un sacco di gente che mi dice: ‘Non andare nei college, sono così pc (politicamente corretti)’. Ti farò un esempio: mia figlia ha 14 anni. Mia moglie le dice: ‘Sai, tra un paio d’anni penso che forse vorrai andare in giro di più in città nel fine settimana così puoi vedere i ragazzi’. Sapete, mia figlia dice: ‘Questo è sessista’. Tutto quello che vogliono è usare queste parole. ‘Questo è razzista, questo è sessista, questo è un pregiudizio’. Non sanno nemmeno di cosa parlano”.
Ce n’è abbastanza per creare scandalo in mezza America, tanto più che Seinfeld ha toccato il tema delicatissimo del sessismo nei college, dove sui casi di stupro il clima è molto teso (il problema è grave, ma alcuni episodi recenti hanno mostrato che le accuse ingiustificate rischiano di fioccare troppo facilmente), e dove studenti e professori boicottano con frequenza sistematica gli speecher che non rispettano alla lettera l’ortodossia del politicamente corretto.
Seinfeld ha rincarato la dose pochi giorni fa, e in un’altra intervista su Nbc ha detto che ormai pronunciare la parola “gay” con intento ironico è diventato tabù. “C’è un clima politicamente corretto là fuori che mi turba molto”.
Seinfeld non è nuovo alle critiche al pol. corr., ma la cappa pesante calata sull’umorismo in America è sempre più difficile da sopportare, e in tanti di recente hanno evidenziato il problema, da ultimo il direttore del New Yorker David Remnick che ha dovuto difendere la “tradizione dell’umorismo ebraico” dopo un articolo di Lena Dunham poco apprezzato dai perbenisti. O un altro grande comico, Chris Rock, che l’anno scorso ha detto al magazine New York: “I bambini di oggi sono cresciuti in una cultura in cui non teniamo i punti della partita perché non vogliamo che nessuno perda”.
E’ facile pensare che una comicità come quella della serie “Seinfeld” oggi sarebbe considerata difficile da accettare. Faceva umorismo sui gay e sulle etnie (una delle puntate più famose è intitolata “Il ristorante cinese”) con un umorismo politicamente scorretto ma lieve, innocente. Seinfeld non perde la testa dietro a retropensieri, pensa alla risata e ottiene risultati fenomenali. Eppure oggi pochi produttori si azzarderebbero a mandare in onda uno show del genere.
Seinfeld è stato attaccato pesantemente per la sua battaglia contro il pol. corr.: le tue battute non fanno più ridere, hanno scritto decine di opinionisti negli ultimi giorni, il problema non è il politically correct, sei tu che sei vecchio, hai perso la vena. In questo modo Seinfeld ha vissuto il paradosso di essere attaccato in maniera politicamente scorretta proprio dai perbenisti difensori del pol. corr. Metterla su questo piano è però un tentativo di trasformare in battibecco uno dei più grandi temi culturali degli ultimi decenni in America, e di ridurre a cliché il problema secolare dell’equilibrio tra satira e ingiuria. Come Seinfeld, decine di altri comici americani pensano che in occidente questo equilibrio ormai si sia rotto.