L'Italia mette il burqa alle statue
Dopo la sua visita in Italia, Hassan Rohani martedì sera si recherà in Francia. Continua a far discutere la scelta dei Musei capitolini di coprire i nudi artistici esposti per non offendere il presidente iraniano. Una scelta controversa che ha suscitato le perplessità di molti commentatori e adesso anche dei media francesi. Questa mattina il Foglio ha criticato la "sottomissione" dell'Italia all'Iran con un intervento di Giulio Meotti che è stato ripreso anche dal quotidiano francese Figaro.
Quando i Fratelli musulmani vinsero le elezioni in Egitto, i salafiti si eccitarono molto e lanciarono una campagna per coprire di cera le statue antiche di Alessandria, definite un prodotto “di una civiltà corrotta e infedele”. Quando lo Stato islamico ha conquistato la città irachena di Mosul, ha subito vietato le statue in quanto “idolatria”, distruggendone molte nella sua strada infernale. In Siria i terroristi islamici hanno raso al suolo le statue assire in quanto “pagane”. E come dimenticare, passando dall’islam a un altro totalitarismo, le Guardie Rosse di Mao che distruggevano con puerile frenesia le statue della Cina imperiale. I regimi trovano insopportabile ogni tradizione passata e sentono un bisogno gnostico di fare tabula rasa.
Qualcosa del genere, declinato all’italiana, è avvenuto due giorni fa a Roma, dove in occasione della visita del presidente iraniano Hassan Rohani in Campidoglio sono state coperte da pannelli bianchi su tutti e quattro i lati alcune statue di nudi dei Musei Capitolini. La copertura sarebbe stata decisa dai nostri politici e solerti sovrintendenti come “forma di rispetto alla cultura e sensibilità iraniane”. Durante le cerimonie istituzionali non è stato portato nemmeno il vino a tavola (la Francia socialista di Hollande ha annullato una visita di Rohani pur di mantenere il protocollo con le bollicine all’Eliseo). Sempre per “rispetto alla cultura e sensibilità iraniana” potremmo per due giorni ritirare tutte le copie dei “Versetti Satanici” di Salman Rushdie dalle nostre librerie. Siamo, infatti, alla sottomissione più ridicola e grottesca.
[**Video_box_2**]E’ lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi, dopo la strage di Parigi del 13 novembre, che aveva detto: “Questo sforzo diplomatico, che seguiamo con grande cooperazione e interesse, è un fatto positivo e deve arrivare alla necessaria reazione per una strategia globale, che non sia solo militare, ma anche politica, culturale e civile”. Contro il terrorismo, specificò Renzi, c’è bisogno “di una risposta culturale”. La nostra risposta culturale, quando arriva in visita un capo di stato con la talare islamica, è mettere il burqa a quattromila anni di tradizione occidentale? Velare quelle statue in ossequio al turbante iraniano non è soltanto uno sfregio a ciò che siamo, ma finirà per eccitare ancora di più gli appetiti totalitari degli inquisitori islamici. A quando le nostre scuse ai Talebani per aver condannato la loro demolizione dei grandi Buddha di Bamyan? E cosa ci siamo riempiti a fare la bocca di encomi per il curatore delle rovine di Palmira, appeso a testa mozza in giù dall’Isis, visto che altre rovine noi le copriamo in nome della nostra ipocrita santimonia?