Ma quale società dell'immagine, la parola scritta non è mai stata meglio
Non sono passati molti anni da quando i teorizzatori della “società dell’immagine” ipotizzavano la sparizione della parola scritta. Con la televisione e i telefoni, con l’evoluzione del sistema delle comunicazioni, si sosteneva, si crea una nuova logica dei rapporti umani in cui la parola scritta, per non parlare dei libri, rappresenterà solo un ricordo archeologico. Invece non è andata così. Nei giorni scorsi l’applicazione di messaggistica istantanea WhatsApp ha raggiunto il miliardo di utenti attivi al mese. Se si aggiungono le altre forme di comunicazione scritta si raggiungono cifre di “scrittori” ancora più impressionanti. Chattare, cioè in definitiva scrivere, è diventato, almeno per i giovani, più frequente che telefonare.
Per la verità c’è stato un pensatore, Jacques Darridà, che mentre tutti parlavano di fine della scrittura, spiegava che invece la parola scritta, proprio perchè sussiste anche la di là dell’autore e delle circostanza che l’hanno creata, è e sarà sempre più il carattere essenziale della civiltà umana.
[**Video_box_2**]La parola scritta non è solo all’origine della storia, è la storia, così come nn è solo all’origine delle religioni ma è la rivelazione stessa. In principio era il verbo, scrive San Giovanni nella prima riga del suo Vangelo. Sembra blasfemo paragonare scritti di così elevato contenuto spirituale alle frasi smozzicate dei messaggini, ma quello che conta è che ci si esprime scrivendo, si scompare se non si scrive, oggi più che mai. Si tratta di un carattere essenziale alla civiltà umana, che oggi è più diffuso che in ogni altra epoca, anche nelle aree a minore livello di sviluppo, dove però non si rinuncia a mandare messaggi, cioè a proclamare la propria esistenza. In fondo anche in questo caso si è dimostrato come talora una riflessione filosofica attenta vale di più delle mode e delle loro suggestioni.